giovedì 30 ottobre 2008

Libri in Metrò


Nel complesso una settimana decisamente più ricca della precedente, sia dal punto di vista della quantità che della qualità. E' vero, 'è Federico Moccia, ma anche Zola e Auster!



Oltre che dalla fortuna potrebbe dipendere dagli orari (questa settimana sono uscita di casa più tardi del solito).
Segnalo anche la quantità di gente che leggere libri e riviste religiose: si stanno moltiplicando.



Comunque, ecco i libri sbirciati per voi sui mezzi pubblici milanesi...



"Il Terzo Segreto" Berry Christian (thriller)
"Fuori da un evidente destino" Giorgio Faletti
"Amore 14" Federico Moccia (adolescenziale)
"Uomini che odiano le donne" Larsson Stieg (avvistato due volte)

Catalogo DMAIL (lo so, non è un libro, ma un sublime opuscolo che ci fa credere possibile spaventare i ladri con una finta telecamera o tagliare le verdure con un puntatore laser...)

"Trilogia di New York" Paul Auster
"L'eleganza del Riccio" Muriel Barbery
"Germinal" Emile Zola
"Men, Women and Pianos" Arthur Loesser
"I 45 Racconti" Ernest Hemingway
"Senza Volto" Latifah
Guida turistica dell'Argentina
Libro religioso Americano
"No Logo" Naomi Klein
"Mayflower" Nathaniel Philbrick
"Figlia del Silenzio" Kim Edwards












Manifesta!Manifesta!


L'ultima manifestazione che ricordo con affetto è quella del 23 marzo 2002 a Roma. Fu un'esperienza emozionante, ancora oggi incontro persone con cui si ricorda quel giorno con un (bel) pò di nostalgia.
Oggi non eravamo certo a livelli del genere, però dopo tanta astinenza, tanta delusione e inerzia, vedere tanta partecipazione scalda il cuore.

Allora, avevo progettato di unirmi alle maestre d'asilo, ma scopro stamattina alle 8.30 che loro manifesteranno la prossima settimana: oggi ci saranno soprattutto studenti.
Va bene, non importa, andrò da sola. Sulla banchina del metrò trovo un gruppo di liceali della scuola vicina...Mi aggrego a loro.
Scendiamo a Cordusio, il concentramento è a Cairoli. Chiamo mia cugina, è ancora a Loreto, che aspetta un'amica.
Seguo i miei liceali fino in piazza Cairoli, e quando arrivo lì si sta preparando il corteo, furgoni col sound system, bandiere, striscioni, volantinaggio. Un mucchio di gente.

Mi chiama Martino, il mio amico scenografo e dopo un pò riusciamo a beccarci. Lui è sempre super elegante, non sembra neanche uno studente. Ci raggiungono due ragazze sue amiche, studenti a Brera e andiamo alla ricerca dello spezzone di corteo dell'Accademia, imboccando via Dante e tornando in Cordusio.
Effettivamente i "Braidensi" stanno proprio lì. Incontriamo un pò di gente, saluti vari, le amiche di Martino parlano di un loro compagno che ha il potere di attirare le manganellate dei poliziotti dovunque vada, meno male che non è venuto oggi.
A questo punto risaliamo nuovamente via Dante alla volta di Piazza Cairoli, insomma, quella è l'intenzione ma stiamo immobili in corteo per una bella ora: pioggia, pioggia più forte, pioggia piùpiù forte, grandine, non ci facciamo mancare niente.

Quando ci arriviamo sono le 11 e io devo scappare, mannaggia.
Lascio Martino e realizzo che la mia manifestazione ha consistito in 3 vasche in centro...Ma che bello vedere tanti ragazzi tutti insieme, tutti diversi e uniti. Non mollate!

lunedì 27 ottobre 2008

Gemella Ciambella: prima o poi la si paga




Vi intratterro' brevemente con un fatto che mi sento di condividere con voi: io e Gemella Frittella siamo due famose "Schizzinose", che nella lingua della zona dove siamo nate significa "difficili nel mangiare".

Sin da piccole abbiamo reso un'inferno la vita di nostra mamma, con fisime impossibili sul cibo:
non mangiavamo niente che contenesse "verdurine", "nervetti", e un'infinita' di ingredienti, quali: verdure varie (eccetto patate fritte), insalate, aceto, frutta, frutta candita, formaggi, e qualunque cosa la cuoca (nostra mamma) preparava, veniva scrutinata, vivisezionata e poi la nostra commissione interna accettava o rifiutava il cibo.

Inutile dirvi che la nostra mamma deve aver fatto una festa tipo quella della "Liberazione" quando io e Frittella ce ne siamo andate di casa. Ebbene, adesso, nonostante il tempo sia passato il boomerang del contrappasso mi ha raggiunta! Infatti ogni tanto vorrei cucinare per gli amici del mio ragazzo: pensavo che sarebbe stato facile, dato che sono Tedeschi... di solito basta che la cuoca sia italiana e mangiano tutto.
E invece no.
Uno non mangia ne' melanzane ne' zucchine, spinaci, sedano, carote e la lista puo' continuare...ma come fa?! La cipolla deve essere affettata fine. Altrimenti non la mangia. Senza contare altre assurde manie dei miei amici crucchi, come "non condire la pasta ma mettila in tavola separata dal sugo, per non rovinare l'estetica" oppure "mangiamo l'insalata INSIEME alla pasta col ragu', perche' il gusto fresco dell'insalata pulisce la bocca". Quando ho assistito a questa scena stavo per svenire.

Ebbene, credevo di essermi guadagnata un posto in paradiso dopo aver iniziato a mangiare molte verdure e cose che prima non oltrepassavano la frontiera del mio piatto...ma mi sbagliavo! Adesso capisco mia mamma, oh, come la capisco!

SCUSA ANCORA MAMMA!!! adesso pero' smettila di ridere cosi forte, ti sento fino a Berlino...

Alla luce di tutto cio' mi sento di poter dire che alla fine tutto si paga, i nostri "peccati" tornano a Boomerang e ci aspettano al varco, come farebbe Clint Eastwood, e allora...non c'e' scampo!

Questa settimana devo cucinare per tutti il risotto alla milanese...ma questo giro daro' a tutti i partecipanti alla cena precise limitazioni...

L'amore è imperfetto


Qualche tempo fa mi sono ho chiesta se sia normale stare con un uomo e pur amandolo occhieggiare di tanto in tanto qualche bel ragazzo e farsi film su un'eventuale nuova relazione.

Capita, sei su un mezzo pubblico e dici "Caspiterina, e quello chi è?" e fai di tutto per non guardarlo, ma non puoi farne a meno. Oppure intuisci che un collega ha un qualche interesse per te e anche se non te ne frega niente di lui ne sei lusingata, o ancora, conosci un tipo veramente fico a qualche corso e istintivamente cerchi di capire se ci sia di mezzo una tipa o meno.
Non so quanti lo ammetterebbero, ma succede più spesso di quanto uno creda.
Improvvisamente le nostre molecole iniziano a vibrare in modo nuovo a causa di un incontro.
Ma è un male?
Io credo di no. Prima di tutto perchè la vita è una cosa fluida e cambia in continuazione, come adesso il tipo dell'autobus ci piace, dopo non ci piacerà più (anche se potrebbe pure succedere che scappi via con questo tipo).
Poi, la mente ha bisogno di passatempi e questo è meglio delle parole crociate.

Infine, non siamo perfetti. Veniamo cresciuti con l'idea dell'amore assoluto, inattaccabile come una torre di titanio, che resiste a tutto, resiste alle insidie, alla routine (il nemico più insidioso), resite alla tentazione. Tua moglie sarà sempre l'unica e non proverai attrazione che per lei e viceversa.
Ma esisterà questo amore assoluto puro e cristallino? Antiruggine e anticalcare? Io non ne vedo molto in giro. Un sacco di mariti tradiscono le moglie, a volte addirittura nascondono la loro omosessualità, un sacco di mogli tradiscono il marito, a volte a pochissimo tempo dalle nozze.
E chi lo dice che ti devi innamorare della persona giusta? Che non ti capiti la disgrazia di amare qualcuno che non ti ama o di essere amata/o da qualcuno che non ami? E che non ti devi innamorare di una sola, unica persona contemporaneamente?

Io non ci credo alla perfezione cinematografica dell'amore. E' un'altra bufala per farci sentire sempre in errore, sempre in debito. Come l'idea che essere sempre giovani sia l'unico modo per essere felici. Son tutte cazzate.
L'amore è come ti capita (vi ricordate la scatola di cioccolatini di Forrest Gump?) e quando ci sei dentro vedi di cavartela come meglio puoi.

Che vuoi che sia un sogno ad occhi aperti...


mercoledì 22 ottobre 2008

Libri sul metrò






In metrò si studia, si scrive, si ascolta musica, si legge.
Non tutti si limitano a Metro o City o un'altro dei giornaletti gratuiti che ti fanno annusare le notizie.

Ecco i libri visti questa settimana sui mezzi pubblici di Milano...(Sarebbero molti di più ma cerco di essere discreta nello sbirciare i titoli....)



"Attrazione in camice bianco" (romanzo Harmony)
"Lo scudo di Talos" Valerio Massimo Manfredi (archeologico)
"Vento Nero" Clive Cusser (best seller)
Titolo misterioso Michael Connelly (thriller)
"L'ultimo appello" John Grisham (legal thriller)
"Gli Ascoltatori" James Gunn (Urania)
"Saulina" Sveva Casati Modignani (sentimentale)

martedì 21 ottobre 2008

Ecco una donna che farebbe meglio a smettere di far cazzate e tornare a scrivere belle canzoni...


Guardate che caruccia era. E in gamba. I suoi testi mi fanno sempre un pò senso, tanto vanno dritti al bersaglio...

Amy Winehouse - Love is a Losing Game

For you I was a flame,
Love is a losing game
Five story fire as you came,
Love is losing game

One I wish I never played,
Oh, what a mess we made
And now the final frame,
Love is a losing game

Played out by the band,
Love is a losing hand
More than I could stand,
Love is a losing hand

Self professed and profound
'Til tips were down
Know you’re a gambling man
Love is a loosing hand

Tho’ I battled blind,
Love is a fate resigned
Memories mar my mind,
Love is a fate resigned

Over futile odds,
And laughed at by the gods
And now the final frame,
Love is a losing game.

Gemella Ciambella: Le conseguenze della moda






Lo so, Gemella Frittella mi uccidera' per avere sconsacrato il titolo del film con Toni Servillo, ma ci sono cose importanti che voi donne dovete sapere...sui vestiti.

Come quasi tutti sapete io amo i vestiti. Mi piace comprarne, ma soprattutto mi piace trovare nuovi abbinamenti, rinnovarmi di tanto in tanto. In realta' non compro piu' tonnellate di vestiti come 10 anni fa: adesso pochi ma buoni, preferibilmente di giovani artigiani (qui a Friedrichshain ce ne sono piu' che panettieri o salsicciai) o di seconda mano, dato che io non son buona a farmeli. Ma li disegno di tanto in tanto. L'ultimo anno che ho vissuto a Londra facevo le sfilate con le mie amiche per provare nuovi abbinamenti e per vedere cosa era meglio dare via.

Ebbene, adesso vivo a Berlino. La prima cosa che noto e' che qui le catene di negozi (Zara, Mango, Esprit, etc.)
ci sono, ma sono gettizzate a una sola parte della citta', quella piu' centrale. In Friedrichshain imperano i negozietti artigianali o di seconda mano appunto, dove amo sguazzare io.
Il Berlinese medio, mi fanno notare, e' sgrauso, profondamente e nell'anima. Cheggli frega se non hanno la maglietta che non e' sciancrata o la scarpina e' del colore sbagliato? Tutto va bene, tutto fa.
A volte ci sono cose orribili che camminano con dentro delle persone (oggi ho visto una maglietta sintetica leopardata con collane e dentro un tipo che aveva i capelli finti biondi sparati per aria...Uhg...) ma qui devo dire non sento piu' la pressione.

Rispetto a Milano, Londra e' una citta' libera, ti puoi vestire come vuoi: sei un freak anni 80? sei "IN".
Vuoi portare i basettoni e le scarpe appuntite alla "Leningrad cowboy"? ci stai dentro fratello! Sei una bambola zucchero e merletti? vai per la maggiore! sei superdarkettonaevaiingiroconunvestitoda "MOGLIE dI DRACULA in vacanza"? ehi! dammi il 5! insomma, e' una grande festa mascherata. Allo stesso tempo pero', si sente tantissimo la pressione dell'essere "perfetti": a Milano la sentivo gia' parecchio, ma negli ultimi anni a LOndra e' daveero massacrante: continua ad esserci la liberta' di vestirsi come si vuole, ma il modello di donna sexy e' talmente estremizzato dalla pubblicita' che e' difficile non sentirsi attaccate.

Le gambe devono essere depilate e lisce come se fossero state ritoccate in photoshop. I tacchi sono cosi alti che per indossarli devi fare il check-in come in aereoporto, tutto e' "pretty-sexy-sweet-delicious", le parole piu' amate dai giornalisti di moda. Insomma, il modello di donna che ne risulta e' una che deve essere solo pizzi e merletti, sempre ammiccante (un po' puttanone e un po' raffinata diva del cinema), frivola, che non sa nemmeno dell'esistenza dei "PELI SUPERFLUI" e che sui tacchi puo' correre, saltare in alto e fare le piroette.
Ebbene, io devo ammettere che, anche se mi ritengo una piuttosto indipendente da queste logiche, un po' mi sono fatta influenzare.

Ok, sono fasi della vita, ma guardando i miei vestiti arrivati col camion dei trasporti internazionali nel nostro salotto, mi rendo conto che molti di questi vestiti sono stati presi sotto l'impulso di aderire alla mefitica addizione

"pretty-sexy-sweet-delicious", equazione che ovviamente non e' riuscita per niente, perche' io non sono cosi, ma ho speso palettate di soldi nel vano tentativo.
Alcune delle mie amiche si ricordano certo i miei famosi
-Stivali scamosciati Viola con "kitten heel", messi una volta in 2 anni.
-Camicie viola e bianche con volant ovunque (Promod)
-2 gonne, una a fiorellini blu e una viola di panno, strette per evidenziare i fianchi (Promod, messe 1 volta ciascuna, in quella di panno non entro piu' perche' ho messo su due chili...)
-Scarpe col tacco alto, nere scamosciate (messe 2 volte in 3 anni).

E potrei continuare...Insomma, perche' ho buttato cosi tanti soldi in vestiti che non sono parte del mio carattere?
Be', io direi, mi sono fatta influenzare un po' troppo dalla stampa e dalle cose che ho visto, soprattutto in ufficio. Mi sono fatta fregare. Ho dimenticato che non esiste un "modello" di donna, che ognuna di noi a modo suo puo' essere bella e/o sexy e/o attraente.

E allora donne, finalmente, dopo aver visto Milano e Londra, credo che qui a Berlino riusciro' ad essere cio' che sono. Prendiamo tutto cio' come un viaggio iniziatico di estremi:
-Fase 1 Milano: l'introspezione, il tentativo di non conformazione al (triste) gusto locale, basato sull'assioma "se ce l'hanno gli altri lo devo avere anche io".
-Fase 2 Londra: Il momento dell'edonismo piu' sfrenato. In una grande festa mascherata che si celebra ogni giorno, si cerca di apparire i piu' originali. Finalmente tutto e' concesso.
Fase 3 Berlino: la consapevolezza dell'io trovato. Non ho piu' bisogno di travestirmi, posso vestirmi da "me stessa". Come potrebbe aver detto Erich Fromm "mi vesto e non mi travesto".

Vi invito a venire a Berlino e ad assaporare la sensazione di liberta' che si respira', ancor piu' che a Londra, e se non potete, almeno osservate la gente in un paese straniero: scoprirete che cio' che magari ritenevate un abbinamento fuorimoda o semplicemente sciocco in realta' puo' funzionare, e scoprirete che la moda siete voi.
Si, che mi perdoni Francesco de Gregori, ma la storia della moda siamo noi, con tutte le nostre imperfezioni che rendono i vestiti in cui siamo dentro speciali o totalmente sbagliati. Siamo noi che rendiamo "unici i capi" con i nostri abbinamenti, e sta' a noi non vestirci come l'esercito di modaioli che popolano le citta' .

Avanti gente, non vi fate influenzare dalla moda del momento o dal colore dell'anno, fatevi influenzare da voi stessi. I modelli irraggiungibili delle pubblicita' sono solo photoshop.
Quando scrivo cosi, sembro perfino una persona seria...

Prossimamente sul tema moda: "Gli scheletri nel mio armadio"...

lunedì 20 ottobre 2008

Gemella Frittella: Ma quanto è figo Toni Servillo?







Dopo averne sentito tanto parlare, finalmente ho scoperto chi è.

Il suo nome turbinava nelle orecchie da tempo ma non mi era mai capitato di vederlo nè al cinema nè' a teatro. Infine ho avuto modo di guardare "Le conseguenze dell'Amore", e mi si è aperto un mondo.
Nessun attore italiano mi ha mai interessata particolarmente. Ma Toni Servillo è proprio un'altra classe.
Prima di tutto è bravissimo, di quelli che non strafanno mai e non enfatizzano la recitazione (uno dei vizi capitali del cinema e del teatro italiani), tutto pare essere per lui perfettamente naturale, più naturale che per DeNiro.

Poi, è simpatico. Non fa l'istrione, il supersimpaticone come, per esempio, Roberto Benigni, non ha bisogno di raccogliere incondizionati favori: sanamente timido (l'ho visto arrossire per i complimenti di una signora ad un incontro al Piccolo Teatro Studio) non si esibisce mai troppo; la misura anche fuori dal palco/set è un pregio di pochi.

Tutto questo, unito a un volto estremamente espressivo e a un sorriso solare, lo rendono mooooolto fascinoso! Nonostante la calvizie, nonostante il fatto che dimostri più anni del mio compagno pur essendo più giovane di 8 anni, Toni è proprio figo...Provare per credere! Ammiratelo ne "Le conseguenze dell'amore" e capirete...

venerdì 17 ottobre 2008

Gemella Frittella: Essere o non essere MADRE?


Quando una donna arriva alla mia età con una relazione mediamente stabile e senza figli, se ancora non ci ha pensato, si fa delle domande: "Lo faccio, anzi, lo facciamo un bambino?", "Cosa cambierà?", "E se poi non mi piacesse essere madre?".

Diciamo che se ci sono troppe domande, forse la risposta è un implicito "Molla, baby, non fa per te", però il fatto che ci sia la domanda in sè e per sè è già un segno di qualcosa che si muove dentro di te.
Non mi sono mai considerata madre, piuttosto figlia, complici anche i genitori, che ancora adesso mi trattano come una cinquenne; ma ora, pure osservando le mie coetanee correre all'acchiappo dell'ultimo treno, chiedendo al mio reticente compagno che (SORPRESA), dopo 8 anni di convivenza e molti interrogatori finalmente fa outing e dice "Sì, mi piacerebbe" (aspetta a dirlo ancora un pò!) e non ultimi amici maschi che parlano della loro prole con gli occhi a forma di cuore, immersi fino al collo in un mare di melassa, adesso boh...Ci sto pensando.

Osservando la vita della mia amica Anna (madre di una bambina fantastica di cui mi vanto essere la zia preferita) non so se ho tanta voglia: non sono nonostante tutto una donna realizzata, ho ancora molte cose da fare e non vorrei proprio che un figlio costituisse un ostacolo. Non vorrei trovarmi a fare la mamma che sbuffa e si sacrifica, perchè non sono affatto convinta che la maternità sublimi tutte le aspirazioni di una donna.

D'altro canto il tempo stringe, e l'altra cosa di cui ho paura è di pentirmi di aver rinunciato, o starci rinunciando per paura: paura della responsabilità prima di tutto, della mutazione fisica (che mi terrorizza), delle conseguenze di ogni tipo sulla mia vita.
Sarebbe atroce svegliarsi una mattina sentendosi madre e scoprire di avere superato il limite e non poter rimediare (caro, vecchio egoismo umano), nonchè di aver commesso l'ennesimo passo infelice.

A parte questo, perchè portare al mondo un'altra creatura e fargli affrontare questo dannato percorso ad ostacoli che è la vita? Perchè condannare un altro essere a patire la tortura di questo mondo sempre più barbaro? I pericoli? La scuola? Gli amori infelici? L'effetto serra? La desertificazione? La fame nel mondo? Le guerre? Non sarebbe meglio estinguersi pacificamene riducendo le nascite?

Tutto questo mi chiedo.

Devo prendere una decisione alla svelta, pormi un termine. Anche perchè il summenzionato compagno ora fa l'entusiasta in proposito, e vuole risposte.

Ma io non so proprio che fare...


Gemella Ciambella: due o tre cose che so di Berlino







Come sapete adoro Berlino...mi affascina la sua storia controversa, la mentalita' Tedesca e' qui del tutto diversa e originale rispetto, per dire, al sud della germania.
Mi piace notare anche i piccoli particolari quelle minute differenze che rendono davvero un posto diverso dall'altro...

Cominciamo con i semafori: la storia dei semafori Berlinesi e' strarisaputa, ma la ripetero' per chi ancora non la sa.
Durante la divisione tra DDR e DBR ognuno si faceva le cose a modo suo, voglio dire, piu' del solito...
Anche i semafori della Berlino Est non sfuggivano, infatti gli ometti Verdi e Rossi erano proprio pupazzetti squadrati, cicciotti e portavano il cappello...mentre quelli della Berlino Ovest erano slanciati, sottili e privi di orpelli sul capino.

Ebbene, avviene la riunificazione nel 1990 e il tifone invade la citta', che cerca di cucire la spezzatura occorsa anni prima, e cosi quei geni del comune decidono di eliminare gli obsoleti ometti dell'Est, cosi' "out"... ed ecco che avviene la rivolta popolare! I cittadini dell'est si oppongono, si incazzano scendono in piazza!, be', magari questo no, pero' alla fine ottengono che i loro amati pupazzetti rimangano al loro posto. Diventano anzi mega famosi tra i turisti che comprano tonnellate di Souvenirs che rappresentano i "semaforetti", se vogliamo chiamarli cosi. Addirittura oggi, anche nell'Ovest della citta' compaiono questi pupazzetti, che sono stati dichiarati simboli di Berlino nella sua totalita'.

Gia' solo per questo i semafori Berlinesi sono una figata, da guardare con ammirazione, ma non e' finita qui: alla faccia delle piu' sofisticate tecniche di promozione e pubblicita', i semafori a Berlino (in particolare qui a Friedrichshain) giocano un ruolo fondamentale nell'economia locale.

Cercate casa? avete perso il cane? cercate una palestra che fa corsi di Kendo? oppure volete passare la serata in qualche club locale? dove trovare tutte le informazioni piu' recenti e sicure? Sui pali dei semafori, ovvio! Guardate le foto: le persone si armano di fogli con gli annunci e scotch e via, attaccano i loro annunci sui pali, dove certo verranno letti! Alcuni pali hanno "messo su peso" da tanti sono gli annunci!
Mi dicono che anche in Sicilia si fa cosi, ma non so se su questa scala! al diavolo Virals, strategie di comunicazione e Saatchi & Saatchi! qui i semafori funzionano meglio...

giovedì 16 ottobre 2008

Me tocca...

Cioè, devo ancora commentare una notizia dal mondo degli umani.
Ok, cominciamo dicendo che lavoro in un istituto professionale finanziato dalla regione. Su una classe di circa 20 allievi, poco più della metà proviene dall'estero: Russi, Brasiliani, Cinesi, Filippini, Peruviani, Salvadoreni, Romeni...

Mi piacciono tutti, italiani e stranieri, ma è innegabile che a parte alcuni, i ragazzi extracomunitari sono più vispi, interessati, dannatamente in gamba. Alcuni di loro sono arrivati in Italia da pochissimo tempo e sanno già la lingua quasi senza accento, ma tutti cercano di seguire il programma. Nessuno gli fa sconti, ma sono certa che se fossero nei loro paesi d'origine, a parlare la loro lingua, sarebbero tra i primi della classe.

Dunque, vengo a sapere che si sta approvando un provvedimento con cui si istituiscono classi separate per stranieri e italiani.
Il nome appropriato per questa pratica è aparthied, già noto in Sud Africa e Stati Uniti, e consiste nel tenere separate le razze, i bianchi dai neri, gli eletti dagli schiavi, i locali dagli stranieri.
La via Italiana all'integrazione?

I mezzi d'integrazione scolastica esistono già, perciò non crederò alle baggianate sulle "classi d'inserimento" che sarebbero solo un passaggio, e tantomeno perderò il mio tempo a discutere questo punto.
Mi limiterò ad evidenziare come questi stranieri siano più svegli e in gamba della media dei nostri ragazzi, ammorbati dalla vita facile, corrotti da genitori distratti che non si interessano a loro e li tengono buoni comprandoli con cose inutili e dando la colpa dei loro fallimenti a chi viene da fuori ed è più povero e più assetato di lavoro di loro.

Allora, mi vien da pensare che forse le classi separate servono a nascondere la triste verità di giovani italiani inadeguati alla competizione con i compagni stranieri, che hanno certamente la mente più aperta e sono forniti di una voglia di emergere che si farà sempre più determinante.
Invece di prepararli ad integrarsi in un mondo che non si fermerà nonostante questi patetici sforzi, si vuole convincerli di essere (immeritatamente) migliori di qualcuno che invece è buono quanto loro, capace quanto loro, con una caratteristica che se inizialmente può sembrare un handicap, si rivelerà un punto di forza, cioè l'essere stranieri e doversi adattare alla lingua e agli usi di una società diversa da quella che conoscono.

Fateci un pensierino.

Gemella Ciambella: Giro girotondo...




Ed eccomi qui, di nuovo con le avventure di una neoemigrata a Berlino.

Oggi vi parlero' delle nostre piccole Nazioni UNite della scuola di Tedesco.
Pensate a noi, nella nostra classe (ultimamente un po' stretta e afosa) come a una versone minore dell'ONU: proprio come nel classico Disney "Bianca e Bernie", dove i delegati umani avevano dei corrispondenti in piccoli topolini, noi siamo i corrispondenti senza soldi.

C'e' un po' tutto il mondo, come vi ho detto, e ognuno porta con se' le proprie tradizioni, i propri ricordi (a volte molto duri, anche di guerre)in questa piccola assemblea. Le insegnanti sono le presidentesse del Parlamento e ci calmano quando le discussioni diventano accese...

Ma di che discussioni parliamo???? Ascoltate...

Come in ogni scuola di lingua, si parte spesso da un normale pretesto (del tipo, dove abiti? che colore ti piace? cosa fanno al tuo paese?) per fare conversazione, ma spesso noi degeneriamo, specialmente quando c'e' di mezzo un giovanotto che nomineremo Ministro per il turismo marocchino (MTM). Non credo che sia cattivo, ma e' ancora legato ad un tradizionalismo che a me sembra scioccante, nonostante sia sposato con una donna tedesca.
La prima sparata che fece fu: "le donne sono come bambini, devono essere guidate". E gia' li' gli e' andata bene che ancora respira...
Poi ha avuto la brillante idea di declamare che noi occidentali non amiamo abbastanza le nostre famiglie perche' noi vogliamo vivere da soli da adulti e specialmente quando ci sposiamo. Ah! Quella volta ha fatto venir fuori un casino, U.W. (o Grace, l'insegnante di quel giorno) stava per vampirizzarlo. Ma abbiamo entrambe mantenuto la calma.
L'ultima genialata e' stata quando ha proclamato che la Mafia e' un'organizzazione di Beneficienza...non si rende conto, il nostro, che la parola "Famiglia" (parola che sembra assorbire il 90% dei suoi pensieri) ha ben altro significato.
Un'altro episodio famoso e' quello di quando ho parlato con la mia compagna Albanese, che pur essendo lei donna, e' in favore delle bambine che sgobbano in casa ma anche del trattamento principesco nei confronti dei bambini maschi: pensate che suo figlio a quasi 7 anni non si sa prendere da solo un bicchiere d'acqua!!!

Insomma, di fronte a tutte queste stranezze, la prima reazione e' di rabbia: ma come, dopo le lotte delle suffragette, dopo le lotte di Lincoln, dopo tutto cio' che si cerca di fare per i diritti delle persone, ancora devo sentire queste cagate? Madonnina, e il progressismo, dove e' finito????

Per fortuna pero' prima di comprare un lanciafiamme in super sconto al "Baumarkt" e fare una carneficina, ci ho pensato un po' su: in fondo, chi sono io per dire a loro cosa devono fare? Perche' devo imporre a loro la mia visione occidentale della vita? Certo, nel momento in cui facessero del male a qualcuno mi sento autorizzata a chiamare la polizei, Amnesty e tutti gli altri, ma per ora non e' necessario.

Ha senso che che io cerchi di omologare queste persone a come io ritengo sia giusto vivere? alle mie tradizioni, al mio pensiero, alla mia idea di societa'? Forse la tolleranza e' proprio questo, e' un "vivi e lascia vivere" ma piu' profondo. La tolleranza forse e' riconoscere che uno possa avere un'idea diversa dalla mia, e lasciargliela avere. Questo non vuol dire che le mie vedute sono meno buone o che uno di noi ha il diritto di prevaricare l'altro o che la soluzione sia ignorare come gli altri sono e vivono (errore che fanno molti politici, che per non sembrare razzisti creano ingiustizie tra le varie etnie), ma alla fine, la mia compagna di classe Albanese vuole interessarsi solo della sua famiglia, non le importa di altro. Che male fa?
E MTM, che ne sa lui della nostra societa'? e' appena arrivato qui, ha ancora negli occhi il luccichio della nostalgia quando qualcuno nomina il suo paese. Perche' dovrei essere io a criticarlo?!

Preferisco parlare, discutere, urlare e scherzare con queste persone e vivermi la multiculturalita' vera, quella del rispetto reciproco da entrambi i lati.

Stare in questa scuola e' per me un grande esercizio di comprensione e ammiro le presidentesse della nostra piccola, sgangherata commissione ONU, che cercano di capire tutti i loro delegati, senza giudicarli mai.

martedì 7 ottobre 2008

O' Miracolo!

Dunque, negli anni '90 comparve sulle scene un gruppo chiamato
" The Wallflowers", la cui caratteristica più notevole era avere tra i suoi membri il bel figlio di Bob Dylan, Jacob.

Il piccolo ha una bella voce profonda (forse potrebbe osare di più, ma è giovane), poco somigliante all'inarrivabile tono caprino di papà e il primo album del gruppo, discretamente chitarroso rock, mi piacque.
Uno o due anni dopo mi comprai anche il successivo"Bringin' Down the Horse". Non c'erano indizi di una personalità prorompente in quella musica, ma mi dissi che probabilmente era la crisi del secondo disco.

Ahimè non fu così. Ci fu la crisi del terzo album e poi del quarto e del quinto, con Jacob sempre più cover man e canzoni sempre più piatte, indistinte le une dalle altre. Pazienza, in fondo anche i figli di Lennon non hanno combinato granchè (quelli di Elvis poi...).

La recente uscita di "Seeing Things" -primo disco solista di Jacob- mi aveva perciò lasciata freddina e non mi ero proprio posta il problema di comprarlo. Grazie a un personaggio che chiamaremo "Il Blogghista Misterioso" sono entrata in possesso del suddetto Cd e beh, ho cambiato idea. Il sangue è sangue, a maggior ragione il sangue marca Dylan.
Già al primo ascolto "Seeing Things" convince: quasi completamente affidato a chitarra acustica e voce, mette in giusta evidenza la bellezza della voce di Jacob (se ci si mettesse potrebbe diventare un ottimo bluesman), che torna alle origini con canzoni classiche ma non banali, e testi che parlano del male, della morte e della vita in campagna.

La ricetta è semplice ma funziona: togliere strumenti (e compagni di avventure), per tornare ad ascoltare se stessi. Il risultato è una manciata di belle canzoni in equilibrio tra l'introspezione e la placida contemplazione, permeate talvolta di un sottile umorismo.

Posso dire che se il piccolo continua su questa strada si può prevedere un radioso futuro per lui.

Da segnalare tra i brani migliori "Evil is Alive and Well" e "Everybody Pays as They go".

Hi ah!

domenica 5 ottobre 2008

Dresda e tutto il resto


Ok, questo è un blog per il diritto al cazzeggio. Ok, non voglio parlare di politica, cose serie, c'è già troppa gente che lo fa. Però questa volta devo farlo.
Sul "Corriere della Sera" di ieri 4/10/2008 compare un articolo su Dresda. Titolo: "La questione Dresda", occhiello: "Tra il 13 e il 15 Febbraio 1945 aerei angloamericani rasero al suolo la città. Si gridò all'azione inutile, ma i morti furono meno di quanto si è creduto finora".

Ecco, basta l'occhiello a darvi idea del tenore dell'articolo: "Si gridò all'azione inutile, MA i morti furono meno di quanto si è creduto finora". Capito? Si è appurato che non morirono 250.000 mila persone sotto le bombe al fosforo, ma SOLO 18.000! Eh, caspiterina, finalmente giustizia è fatta, finalmente le cifre sono chiare.

Cosa vuol dire? Che differenza c'è? 250.000 o 18.000 persone bruciate vive, che differenza fa? E' sempre una strage di civili (e soldati sì, ma straccioni, ultima leva tra bambini di 14 anni e vecchi) compiuta alla fine di una guerra ormai vinta, in una città aperta, senza cioè un sistema di difesa aereo.
Ogni giorno la televisione ci serve cifre di morti sul lavoro, in guerre, incidenti, carestie. Ci tocca uno solo di quei conteggi?
L'articolo spiega come il numero di vittime, grazie alle mistificazioni dei gerarchi nazisti sia lievitato fino all'orribile numero di un quarto di milione di persone, mettendo in crisi l'inattacabilità del mito di buoni samaritani degli alleati angloamericani.
E' brutto, è scioccante scoprire per chi era stato innegabilmente dalla parte giusta, quali cose orribili siano state fatte per vincere (anche se come ho detto, la guerra era praticamente finita). E allora per superare la frustrazione la si butta in numeri.

Ma è questo la guerra. E' questo QUALUNQUE guerra, come ricorda nella sua intera opera Kurt Vonnegut che sotto a quelle bombe al fosforo rischiò di restarci. Fa schifo, è orrenda, e tira fuori da qualunque essere umano, anche il migliore, il peggio.

"La questione Dresda" non è quanti morti ci siano stati ma i morti. I morti di Dresda, i morti dei campi di concentramento, i morti di Coventry (azione che probabilmente ha generato il bombardamento di Dresda come ritorsione), i morti della guerra di Corea, del VietNam, delle guerre civili in Africa, Sud America, Asia, Cecenia, Ossezia, delle guerre del Golfo, i morti, i morti, i morti.

Smettiamo di pensare che ci siano guerre giuste e sbagliate. Accettiamo l'Orrore, come diceva il comandante Kurtz, facciamocelo amico, perchè è questo la guerra, è solo questo.


venerdì 3 ottobre 2008

La mente umana è perversa.


E' vero.
Il vostro cervello è un amico, vi fa muovere, parlare, vi dà idee, vi toglie dai guai. Ma vi ci mette pure. Ha la capacità di pensare e sembra non volerne fare a meno, anche quando non servirebbe.

Per esempio, a volte mi sveglio verso le 5 del mattino, e la sveglia è alle 6. Beh, se non faccio il possibile per riaddormentarmi immediatamente, il cervello comincia a dirmi "Ma caspita, solo un'ora, ti rendi conto? E cosa devi fare oggi?"; poi mi ricorda i miei problemi sul lavoro, le magagne, i risultati che non raggiungo (non si tratta di carriera, ma di cose da portare a termine), le persone che ho conosciuto e che conosco, i miei rapporti con loro, mi sale l'ansia, mi sale pure la rabbia, DRRRRRRRRRRRRRRRRRIIIIIIIIIIIIIN! Sono le 6 e tu ti sei bruciata un'ora di sonno a pensare. La pagherai cara e lo sai.

Succede, come oggi, che io torni a casa dal lavoro rimuginando con rabbia sulla mattinata altamente scocciante che ho passato a scuola, e sui maldestri metodi educativi degli insegnanti. Ci penso,ci penso e ci ripenso e so benissimo che non ci posso fare niente, perchè non ho un pezzo di carta da far valere (e per quella gente il pezzo di carta è tutto) e perchè non ho alcun ruolo in quell'ambiente (a momenti gli insegnanti non ricambiano il saluto). Quei ragazzi e io con loro subiremo le sciocchezze e la noia che sono in serbo per noi. Non c'è scampo. E in fondo non è la cosa peggiore che possa capitare. Allora perchè avvelenarmi il resto della giornata, il week end, i rapporti umani PENSANDOCI INTENSAMENTE?

Il troppo pensare è un problema umano. Gli animali pensano solo quando è richiesto e per il resto si lasciano portare dal resto del corpo. "Il corpo sa tutto" dice Banana Yoshimoto. Meraviglioso. Se riusciamo a liberare la mente, a pensare pure, ma con distacco, come se fossimo degli alieni che ci osservano dalla loro galassia lontanissima, non ci sentiremmo più leggeri? Se lasciassimo comandare il corpo "Prego, ora guida tu" mentre camminiamo, andiamo su e giù per la città, facciamo la spesa...non sarebbe meglio?
Non avremmo più tempo per guardare in sù anzichè alle scarpe e alle merde sul marciapiede? Non molleremmo la mascella e i muscoli della faccia distendendoli quasi in una specie di sorriso?

Se ci provo, a volte ci riesco. Ed è fico. Non risolve i problemi. Però è fico.

mercoledì 1 ottobre 2008

Non vi muovete!

Oggi ero in metrò.
E mi sono accorta di una cosa. In metrò, tutti fanno qualcosa.
Chiunque, appena entrato in vettura si affretta a controllare la borsetta , ad aprire uno di quei giornalini gratuiti che regalano fuori dalle stazioni, a volte un libro, a mettersi le cuffie dell'MP3 e soprattutto a guardare il cellulare.
Tutti, ma davvero tutti sembrano inconsciamente imbarazzati in quei primi momenti di convivenza forzata nella carrozza (per quale motivo credete che tanta gente affronti i viaggi mattutini in macchina quando potrebbe farne a meno?), tutti si sentono quasi intrusi e cercano d'ignorare l'esistenza dei loro compagni di viaggio. Io non sono qui, davvero.

Sul tram è diverso, puoi guardare fuori dal finestrino, l'intimità non è così opprimente e "obbligatoria". Ma nelle carrozze del metrò, eh lì non si scappa.

Se il viaggio è abbastanza lungo qualcuno può arrivare a sbirciare il libro del vicino o puntare un personaggio strano, ma normalmente tutti non escono dalla loro attività, scendono alla loro fermata e via nella loro bolla autonoma. Anche questa volta è andata.

Allora, ecco la proposta: da domani provate a non fare niente quando salite in metrò. Se trovate un posto sedetevi pure, ma resistete all'impulso di tirar fuori il telefono, di leggere quel giornalino, di tirar fuori il libro di testo, provate a vedere se fa differenza, dove va la vostra attenzione (la mia va alle scarpe e poi alle facce delle persone).
Così, per vedere che effetto vi fa.