venerdì 27 agosto 2010

BELLISSIMO!!!


Grande grande, premio per il miglior poster di promozione al nuovo gruppo di Nick Cave, Grinderman!
Non solo sono buffissimi ed improbabili nei panni di gladiatori romani, ma se guardate bene l'immagine ingrandita scoprirete che le mutande di Nick (secondo a partire da destra) spuntano dal gonnellino e sono...meraviglioramente leopardate!

venerdì 20 agosto 2010

Gemella Ciambella va fuori di testa



E' giunto anche a Berlino, e' il magico momento dei saldi. E' il momento in cui ci possiamo permettere un capriccietto di moda, una maglietta o un paio di Jeans che l'anno prossimo ci serviranno e a comprarli in un altro momento ci costerebbero certo di piu'.

I saldi sono un'espressione del nostro tempo, dove tutto va fuori moda dopo sei mesi. Io non ragiono cosi, certo, se acquisto qualcosa che mi piace lo indosso finche' non cade a brandelli. E in realta' non mi serve niente in questo momento, anche perche' Frittella mi ha regalato una macchina da cucire per farmi da sola un po' di cose.


Eppure il magico richiamo dei saldi e' irrestibile...mi sento di supportare tutti questi fantastici giovani designers che lavorano qui a Berlino. La lotta interiore con me stessa e' dura. Roba da incatenarsi al calorifero come fece Ulisse, pur di non lasciarsi tentare dalla voce soave dei saldi...(si, lo so, Ulisse si incateno' all'albero maestro della nave ma io non ho una nave).

...

Oh, chi se ne frega!!! Io ci vadooooooooooooooo!!!
(segue rumore di un calorifero scardinato dal muro)...







martedì 17 agosto 2010

Ready to go!

Eccoci, siamo pronti. Domani partiamo per la prima trasferta veneta in piena regola: piatti, bicchieri, accappatoi, bagagli, gatta...Non sappiamo ancora se in macchina ci starà tutto ma diciamo che faremo il possibile. La cosa che mi preoccupa di più è Lena, che può continuare a lagnarsi all'infinito e domani avrà ben tre ore e mezza per farlo.
In definitiva devo ammettere che queste vacanze non si stanno rivelando particolarmente riposanti. Un sacco di casini. Sono preoccupata, per Lena, per quello che farà quando saremo arrivati (vorrà scappare di casa?), per questa prova di vita agreste, per boh, non so che cosa. Di certo non me la sto spassando granchè. Spero di tornare una frittella più serena...

domenica 15 agosto 2010

Le avventure di Lena

Sicuramente molti di voi si chiederanno come è stata Lena durante la nostra vacanza in Sardegna.
Pochi giorni prima di partire l'abbiamo portata a casa dei miei genitori a Serina, dove sarebbe stata insieme a mia madre. Infatti, per evitare gelosie e traumi a Miciccia (che sarebbe rimasta con mio padre) questa volta si è deciso di separarle.  Durante il viaggio ha fatto sia cacca che pipì, ma bisogna dire che ha resistito quasi un'ora e mezza. Comunque, quando la piccola ha visto mia madre è parsa subito più rilassata: sicuramente si ricordava di lei e quindi ha capito di essere in un ambiente amico. La casa poi, più grande della nostra, con un lungo corridoio, le permetteva di scorazzare allegramente.

Quando chiamavo dalla Sardegna a casa dei miei venivo informata che Lena era contenta, saltellava qua e là, cercava di andare nei posti proibiti e si faceva audace, tentando addirittura di aprire una porta da sola. Non so com'è, ma quando c'è mia madre Lena diventa più gattosa, più furba, più giocherellona. Sorvolerò sul fatto che come sua "mamma" mi sento un pò gelosa di questo ascendente. E gelosa era anche la Miciccia, che anche se non ha visto Lena, non vedendo più mia madre, ha intuito un abbandono.
Così quando l'andava a trovare, lei la snobbava. stizzita.

Quando siamo andati a riprenderla, Lena non era affatto contenta: viziata, coccolata da mia madre che ha un mucchio di tempo per starle dietro, non lesina sulla pappa (al diavolo la dieta!) e le lascia graffiare il divano, non aveva proprio voglia di tornare con noi. Almeno credo.
L'ho trovata inciccita ancora, ma forse è un'illusione ottica, data dall'abitudine ai gatti Sardi che non si possono permettere certe dimensioni.
Adesso è un pò depressa per il tempo...Spero che le passi. Nel frattempo le nascondiamo qualche crocchino sotto Mr Topo, così si diverte...
Fra pochi giorni partiamo di nuovo e ce la portiamo dietro, stavolta!

giovedì 12 agosto 2010

Come eravamo

Per una con la vocazione della millenarista come me la tecnologia è spesso una noia. Viva il computer, viva wi fi ed internet, ma non c'è bisogno di Ipad, Iphone e di telefoni cellulari supersofisticati, nè tantomeno di tenerli sempre accesi, schermi ultrapiatti e cose di molta apparenza e poca sostanza ed utilità.
Però bisogna ammettere che la tecnologia ha cambiato il mondo degli spettatori di concerti.

Quando ero pischella ai concerti non di potevano portare macchine fotografiche nè registratori. Uno sfrigolante mercato di bootleg clandestini (quanto non si sa) si diffondeva, ci si scambiavano cassette, c'era un posto dove tutte le domeniche c'era una bancarella che vendeva registrazioni. Alcuni negozi di musica indipendente (ora purtroppo quasi non ce ne sono più) le vendevano e a volte avevano anche materiale che veniva dal Giappone!!! Addirittura c'era una vetrina di un fotografo che esponeva immagini riprese ai concerti milanesi, immagini che per i costi e la bellezza (non erano sfocate o mosse) diventavano regali per amici e parenti coetanei.
Per non parlare delle riviste come "Ciao 2001", "Cioè" eccetera che per vendere pubblicavano articoletti sul colore dei calzini di una star infarciti di fotografie dell'idolo stesso. E noi bambocci a comprarle ed a scambiarci gli articoli, io ti dò un Simon Le Bon se tu mi dai un Talk Talk eccetera.

A pensarci mi viene da ridere. A partire dall'introduzione delle macchine fotografiche nei cellulari questo mercato costruito sulle nostre viscerali passioni di adolescenti è andato sgretolandosi. I telefoni hanno dato la prima spallata, poi le macchine fotografiche elettroniche (sempre più piccole), le video camere da nascondere sotto un'ascella, gli mp3 players che registrano anche l'audio. E poi Youtube ha dato la botta finale, permettendoci lo scambio di files da tutto il mondo senza guadagno, per il solo gusto di condividere le emozioni provate con tutti. AHAHAHAH! Mi faccio una risata tonante, sono contenta, sono contentissima perchè prima di tutto è caduto un divieto stupido (prova a beccare qualcuno in mezzo alla folla che riprende col telefono cellulare..) e poi perchè ci siamo liberati di una struttura che legava il godimento postumo ed il ricordo dei concerti, nonchè la condivisione con gli amici ad un giro di denaro.
Ora possiamo vedere tutte le foto che vogliamo e ascoltare parti di concerti o concerti interi gratuitamente, con una qualità non sempre ottima, ma se qualcuno si ricorda anche i bootleg erano un terno al lotto, potevi pagarli una fortuna e quando te ne tornavi a casa e li ascoltavi scoprivi che in pratica non si sentiva niente a causa dei fruscii o del tizio accanto al registratore che si sgolava dietro al cantante.
Certo, le major non ne hanno pagato il prezzo ma almeno adesso non lo paghiamo neanche noi.

Non sempre il passato è meglio del presente.

mercoledì 11 agosto 2010

Sas Sebadas ritorna Gemella Frittella

Ebbene sì, tutte le cose belle finiscono e tra queste le ferie.
Siamo partiti dalla nostra base Sarda la mattina di lunedì, ma non ci siamo diretti subito ad Olbia: invece siamo andati verso Cagliari, dove abbiamo visitato il laboratorio ed il teatro di IsMascareddas una compagnia di amici burattinai. Dopo questa bella sosta ci siamo rimessi in moto e siamo arrivati con le solite tre ore d'anticipo al porto. Un panino al limite della legalità in un chiosco tenuto da una specie di vecchio marinaio e poi via in attesa del traghetto. Che stranamente è arrivato puntualissimo, ed ha vomitato una quantità incredibile di macchine. In compenso noi in partenza eravamo proprio pochini, così l'imbarco è stato rapido.

Cartello delle direzioni sul traghetto...Notate il 4 punto...
A me piace vedere posti nuovi, ma fondamentalmente odio viaggiare. Odio le attese, lo squallore dei lunghi viaggi, specialmente quelli di ritorno, che prolungano all'infinito l'agonia del tornare a casa. Il traghetto è normalmente uno di questi episodi. Nonostante le cabine siano mediamente pulite e non troppo umide, non posso fare a meno di sentirmi precaria (e ricordo che una delle mie vacanze preferite è stata su una chiatta sul Tamigi). E poi i continui annunci attraverso gli altoparlanti, la sveglia alle 5 del mattino...Non riesco a rilassarmi.
Comunque, dopo una doccetta io e Speck ci siamo diretti alla spaghetteria tanto pubblicizzata per fare un giro. Dopo il panino portuale io non avevo intenzione di mangiare altro, ma Speck ha insistito e così ci siamo presi un piatto ciascuno di una specie di timballo di pasta, non particolarmente buono ma moooolto costoso.
Tornati in cabina ci siamo messi a letto, ma i bambini della porta accanto continuavano a chiacchierare, mentre loro padre non provava nemmeno a zittirli. Alla fine, dopo averli ascoltati blaterare in tedesco per mezz'ora, Speck ha perso le staffe e deve aver urlato "Silenzio!" in tedesco. Meno male, hanno capito.
Ma il maccherone ha lavorato contro di noi. Speck non ha dormito neanche un pò e così ieri, quando siamo arrivati dai miei genitori per ritirare la piccola Lena (che sembra ingrassata ancora!) ho insistito per restare a fare un pisolino.
Oggi siamo a casa, le valige sono ancora nel bagagliaio della macchina, il frigo è vuoto, la lavatrice attende di essere riempita e mi sono iniziate le mestruazioni. Uao.

Meno male che stamattina ha piovuto....

domenica 8 agosto 2010

Sas Sebadas, Speck e...il Nuraghe di Seruci

Il nuraghe
Sempre alla ricerca di nuove scoperte, io e Speck ci avventuriamo nelle campagne sarde. Inseguiamo un paio di cartelli turistici che ci portano nel nulla e poi ci dirigiamo verso nord. Ad un tratto vediamo un bel cartello che indica il villaggio nuragico di Seruci. Decidiamo di provare a seguire l'indicazione, anche se non siamo molto fiduciosi che sia veritiera.
Invece dopo un quarto d'ora ci troviamo in una bellissima vallata dalla quale si gode di uno splendido panorama del mare fino a Capo Pecora. E lassù, a dominare da una collina sta il grande nuraghe di Seruci. Uao, che fortuna abbiamo avuto! Non c'è un cane poi, saremo soli a visitare questo pezzo di storia Sarda.
Arriviamo all'entrata del sito e veniamo accolti da cartelli, che vietano tra le altre cose di mangiare e portare i tacchi a spillo. Vabbè, dirigiamoci verso la biglietteria. Ad aspettarci c'è una ragazzotta che quasi non spiccica parola, ci tocca salutarla per primi. Facciamo i biglietti. Quattro euro a testa. Vogliamo la visita guidata? No grazie, rispondiamo noi. Speck allunga un biglietto da venti e la ragazzotta tira fuori una calcolatrice per fare il conto di quanto resto ci deve(!).
Nel frattempo dalla biglietteria è uscita un'altra ragazza in pantaloni neri portando due caschi (?)e ci dice che anche se non abbiamo scelto la visita guidata lei ci deve comunque "scortare". Comincio ad essere perplessa. Comunque, partiamo.

Preceduti dalla ragazzina coi pantaloni neri ci dirigiamo al villaggio nuragico. Lei ci dà il via e sotto il suo sguardo iniziamo l'esplorazione. Che un'estranea mi controlli mentre faccio una gita di piacere tra i ruderi nuragici, mi dà un pò fastidio, manco stessimo visitando una base segreta della Nato. Faccio per salire su una collinetta e vengo bloccata: "Signora, lì non può andare!" E perchè? penso io, non c'è un bel niente lì...Non ci sono divieti nè è segnato un percorso da seguire...Mah.
Cambio strada, continuo a girellare e far domande a Speck. Poi vedo che c'è una collina (fuori dal sito) dove ci sono dei cavalli che pascolano. Tiro fuori la macchina fotografica, ma la ragazza  chioccia "Signora, non è permesso fare fotografie!". Cosa? Non è permesso fare le foto ai cavalli? Speck sibila "E' perchè non abbiamo fatto la visita guidata" e penso abbia ragione, dato che nei vari divieti non c'era affatto quello di fare fotografie, e io non stavo fotografando il sito archeologico ma dei cavalli.

A questo punto io sarei pronta ad andarmene, ma Speck vuole vedere il nuraghe da dentro. Passiamo su delle tavole che portano all'entrata e finalmente capiamo a cosa servono i caschi: l'architrave dell'entrata del nuraghe è un pò bassa e quindi si può prendere una capocciata. Per altro, dato che il casco è più alto della tua testa, la capocciata la prendi comunque. Sarebbe bastato un bel cartello chiaro che consigliasse di abbassarsi, invece s'è scelto di spendere un capitale per comprare i caschi e spenderne un altro per acquistare delle cuffiette da mettere in testa prima del casco, che vengono usate per trenta secondi netti e poi vanno smaltite nella spazzatura con un ulteriore costo sia per la comunità che per l'ambiente.
Il panorama. Sullo sfondo Capo Pecora
Tutto questo unito all'atteggiamento della "guida" ci hanno fatto saltare i nervi. Il nuraghe di Seruci è pure bello e si gode una fantastica vista, ma se avessi saputo che sarei stata seguita come una pericolosa spia e trattata così, beh, non ci sarei andata. E come vedete, dal parcheggio abbiamo fatto comunque le foto.

Sas Sebadas, Workin' in the coalmine

Qualche giorno fa siamo stati alla miniera di Serbariu, vicino a Carbonia. Si tratta di una grande miniera di carbone sviluppata nel periodo fascista e successivamente, quando questo minerale è stato soppiantato da petrolio e gas vari, è stata trasformata nel Museo del Carbone. La visita comprende un giro guidato in una delle gallerie della miniera che era veramente gigantesca (9 livelli!) e così io e Speck, con il nostro caschetto in testa ci siamo calati nelle profondità della terra. La guida era molto in gamba e conosceva non solo la storia della miniera, ci ha illustrate le varie tecniche di estrazione fino ad oggi.
Ma al di là della curiosità la vostra Sas Sebadas è rimasta duramente colpita dal quadro di vita dei minatori. Non era uno scherzo quando mamma e papà per minacciarvi vi dicevano"Ti mando in miniera!", la vita lì era molto più che dura. Il lavoro era massacrante ed anche se meglio retribuiti di altri lavoratori, i minatori dovevano rendere 4 tonnellate di carbone al giorno per ottenere la paga minima. Tutti i lavori si facevano a mano, neanche gli animali per il trasporto del carbone si usavano, costavano troppo. Tutto veniva trasportato su carretti su rotaia spinti A MANO per chilometri di gallerie sotterranee. I turni erano di 8 ore e si lavorava alla luce di piccole lampade al carbonio, immersi in un rumore atroce, senza misure di sicurezza (malattie polmonari come se piovesse). Se anche un compagno moriva durante il lavoro non si poteva soccorrerlo o portarlo via prima della fine del turno, rischiando altrimenti di perdere il posto per il mancato scavo delle quattro tonnellate giornaliere.
E via così, roba da far venire il magone, veramente, pensare a queste persone SCHIAVIZZATE e sfruttate in tutti i modi: ad esempio gli alloggi venivano forniti dalla miniera (ecco come nacque Carbonia) ma costavano carissimi e rimaneva molto poco a queste famiglie per vivere. Lavorare per sopravvivere, giusto per quello, con forse appena la speranza che per i propri figli le cose potessero migliorare. Raccapricciante.

Per continuare il tour minerario ieri siamo stati a Buggerru, dove si estraevano metalli preziosi e si trasportavano i minerali verso gli impianti di raffinazione partendo dal porto, che è stato tra i più importanti in passato. Qui sono degli anziani minatori prossimi alla pensione o pensionati che fanno da guida nella "Galleria Henry", una galleria di trasporto del minerale che si trova all'interno di una montagna a picco sul mare.
Un trenino minerario riattato per i turisti ti trasporta attraverso la galleria e poi ti scarica. Il viaggio di ritorno, che è poi la vera visita, si fa a piedi, entrando ed uscendo dagli scavi. L'atmosfera qui è un pò meno cupa, un pò perchè nei tratti fuori dalla montagna si gode di uno splendido panorama, e poi perchè le guide sono preparate ma ricordano i tempi della miniera in modo quasi nostalgico. In effetti, anche in passato Buggerru era comunque un posto migliore dove lavorare. E' vero che il padrone della miniera  possedeva di fatto il paese e neanche ti dava i soldi, compravi quello che avevi bisogno dal SUO spaccio e lui li segnava sul tuo conto, ma almeno l'affitto della casa era simbolico; in più la città fu la prima in Sardegna ad avere la luce elettrica, ed era di fatto autosufficiente.
Le condizioni di vita erano comunque dure e fu qui che nacque il primo sciopero di minatori, soffocato ovviamente con le armi.

Oggi Buggerru vivacchia grazie al turismo (così dice l'ex minatore) e c'è da dire che al di là delle apparenze ha le sue attrattive, non ultima una bella spiaggia e a pochi chilometri il tempio di Antas (Antas! Antas!).
Passando per le stradine del paese ci è pure capitato di fare un incontro strano ma piacevole: io e Speck camminavamo senza meta e abbiamo visto un signore che lavava la macchina sotto una tettoia. Quando ci ha visto passare ci è corso incontro e ci ha chiesto se eravamo turisti e come andavano le cose. Poi ci siamo stretti la mano e lui è tornato a lavare la sua macchina. Buffo.

martedì 3 agosto 2010

Ciambella e Brötchen sono... "Un-easy riders"








Il febbraio scorso, io e Brötchen abbiamo fatto un viaggetto in Costa Rica. Sfiga vuole che il volo dovesse far transito su New York. La nostra esperienza con la dogana e i servizi di sicurezza americani e' stata un incubo. Pubblico questo post un po' per lamentarmi (mi ci sono voluti diversi mesi per togliere dal testo le imprecazioni e trovare una forma piu' civile di scrittura) e un po' per mettere in guardia chi di voi abbia intenzione di fare un viaggio passando dagli stati uniti. Ecco cosa vi potrebbe capitare...

Andata
Dopo 8 ore di viaggio da Berlino a New York, le hostess della Continental Airlines ci porgono due formulari da riempire: uno per la dogana e l'altro per l'immigrazione, il nefasto A Form già cantato da Frank Zappa.
"Immigrazione?!" diciamo noi "Ma noi siamo solo in transito!!"
"Fa niente" risponde frettolosa la tipa. E va bene, gia' mi girano, rispondiamo a queste domande di merda e cerchiamo di farlo alla svelta.
Il governo americano vuole sapere (per ben 3 volte) come mi chiamo, se ho partecipato in azioni Naziste durante la guerra (EH?!), se ho mai richiesto l'immunita' (eh? mi chiamo mica Berlusconi!), se ho mai partecipato ad azioni terroristiche, etc. Insomma, tante domande sciocchine sciocchine, a cui e' ovvio che persino il peggior malfattore risponderebbe "NO".

Atterrati, inizia il supplizio: stiamo in fila davanti alla dogana per circa un'ora e 30 minuti perche' le pratiche di entrata richiedono una secolo e mezzo.
Di fronte ai gabbiotti dei poliziotti, un patetico cartello con una ridicola foto di una donna in divisa militare che regge una bandiera americana, e sotto la scritta "Proteggiamo il paese mantenedo le frontiere aperte".
Difatti, siamo in coda da 90 minuti...
Un poliziotto scazzatissimo mi riceve al suo gabbiotto e mi dice "buongiorno Ciambella, come stai?" al che io penso "Secondo te, genio, come si puo' stare a fare la fila per 90 minuti?!"
A parte domande del tipo "Dove vai?" (amico, sai leggere il modulo?!), il tipo pretende pure che io stia calma e sorridente mentre mi prende le impronte digitali. Ma vi pare???!!
Io sto' andando in vacanza e mi si prendono le impronte come se fossi una delinquente!!! E non sono nemmeno arrivata in Costa Rica!
Insomma, alla fine mi trattengo dal protestare perche' so che i poliziotti sono poco sportivi, non hanno senso dell'umorismo e mi metterebbero in gattabuia di sicuro. Per fortuna ritroviamo i nostri bagagli in un angolo della sala, ormai da tempo qualche inserviente li ha tolti dalla giostra.

Ritorno
Il ritorno dal Costa Rica e' stato un incubo anche peggiore: ci viene consigliato di arrivare all'aereoporto con 3 ore di anticipo, dati gli stretti controlli per gli stati uniti. Dato che non siamo proprio dell'idea, andiamo la' con solo 2.30 ore di anticipo. Inutilmente, perche' davanti a noi ci sono quelli che viaggiano su Huston un'ora prima di noi e ovviamente viene data a loro la precedenza. Due ore sprecate stando in fila.

L'arrivo a Newark mi vede piu' preparata, sono calma, non lamento quando mi porgono nuovamente il demenziale modulo verde, lo riempio e basta. Ma si vede che il destino mi vuole proprio far odiare questo giorno.

Ci mettiamo (anzi ci mettono) in fila, ma e' lunghissima, e i poliziotti sono lenti come la fame. Una poliziotta e' simpatica e veloce, vorremmo poter finire nel suo gabbiotto, ma purtroppo finiamo in quello di un poliziotto che fa del cabaret coi turisti, ma non e' molto veloce. Brötchen si scoccia, sgattaioliamo in un'altra fila, purtroppo guidata dal cosiddetto Poliziotto Cattivo, che fa pelo e contropelo ad un gruppo di ragazzi italiani che non parla una parola di inglese. Addirittura una viene portata ad un interrogatorio, probabilmente perche' ha scritto qualche cagata sul modulo di ingresso nel paese (ragazzi, studiate le lingue). Ormai siamo gli ultimi saltiamo da una fila all'altra cercando di passare finalmente questa la dogana e reccuperare i bagagli.

Il poliziotto che mi "riceve" sto' giro e' piu' rotto di me. Come sempre, attacca la tiritera "Come stai?". "Stanca" gli rispondo io. "Stanca?!" dice lui, sconsolato. Amico, siamo stati in fila due ore, tu almeno il tuo culone  l'hai posato su una sedia!!
Finalmente corriamo a cercare i bagagli e grazie a questi maniaci, il mio bagaglio e' sparito!!Una tipa con un bagaglio simile lo ha portato via! Decido di imbarcare il suo, almeno alla fine ognuno trovera' il proprio.

A casa
Tristemente la storia non e' finita. Mettendo a posto le cose rimaste in valigia Brötchen scopre che la borsa dove tiene le creme solari e' macchiata: c'e' crema ovunque e non riusciamo a capire da dove sia uscita. Brötchen, scienziato com'e' cerca una spiegazione scientifica (la pressione ha fatto scoppiare le bottiglie) ma perche', obietto, a me non e' successo?!
La risposta arriva dopo qualche secondo: pulendo l'esterno delle confezioni di crema, Brötchen scopre due grossi ed evidenti buchi di siringa. I poliziotti hanno visto le confezioni ai raggi X e hanno pensato, volpi come sono, che fossero bottiglie di esplosivo!! cosi' hanno esaminato il contenuto pensando di non farci accorgere dell'azione. (Guardate le foto!)



Sono scioccata dal trattamento a cui i semplici turisti sono sottoposti dal governo americano: non solo si permettono di trattare in modo vessatorio semplici passanti come se tutto il mondo volesse emigrare li', sono preda di una paranoia che fa vedere loro nemici in tutto e tutti.
Le impronte digitali si prendono solo ai sospettati di reati, non a dei turisti, e' una violazione della privacy.
E avrebbero dovuto mettere un'etichetta sul bagaglio di Brötchen, che spiegava l'accaduto. Non ci vuole molto, lo fa anche la Bundespolizei.

Mai mai mai piu' in transito in USA! Non vale la pena, a meno che non si vada per visitare gli stati uniti. E lo consiglio anche a voi! Chissa' che non smettano di trattare in modo cosi umiliante le altre persone, quando vedranno che nessuno vuol piu' passare dalle loro parti e prendere i loro aerei.

lunedì 2 agosto 2010

Sas Sebadas, mangiati vivi!

Un cane? Uno sciacallo? Un lupo?
Domenica. Peggio di sabato per le spiagge. E poi IO voglio camminare. Anzi, voglio fare trekking. Allora che si fa? Si va a Villacidro dove pare ci sia uno splendido bosco con tanto di cascate. Uao.
Col solito tempismo partiamo alle 10 del mattino e considerando che per arrivare a Villacidro ci vogliono circa due ore, il conto è presto fatto.
Dopo un'infinito sterrato che parte a poco più venti minuti dal centro abitato, molliamo la macchina, non ne possiamo più di star seduti. Ci mettiamo gli scarponi e partiamo.
Ma non sappiamo che la strada praticabile in automobile è ancora parecchia e che i locali sono usi venire qui a fare la gitarella domenicale. Veniamo impunemente sorpassati da alcune macchine che ci sbeffeggiano coprendoci di polvere. Una di queste, carica di giovinastri casinisti si ferma al limitare del bosco e scarica vettovaglie. Ma non abbassa l'orrido volume della musica tecno, che fa rimbombare (letteralmente) i luoghi vicini.
Noi, intrepidi esploratori, proseguiamo nel nostro cammino alla ricerca del sentiero n.109 o 113 per le cascate. Non troviamo indicazione alcuna e andiamo avanti per circa un'ora a camminare seguendo il sentiero. Maaaaa un pericolo è in agguato! I TAFANI ci attaccano! Cattivissimi, coriacei e indistruttibili, se la prendono soprattutto con Speck (sarà l'affumicato che piace?) ed io continuo a segnalargli quale polpaccetto gli stanno rosicchiando.

Comunque le cascate non si trovano. Stiamo quasi per tornare indietro quando Speck, guidato dal suo fiuto di esploratore trova una radura e un ponte sgangherato (che probabilmente non è mai stato in grado di reggere il peso di un procione) che dovrebbe portare dall'altra parte del fiume fino allora seguito.
Eccolo! E' il ponte di cui parlava la guida! Meno male che d'estate i fiumi Sardi diventano dei rigagnoli, così possiamo passare dall'altra parte e trovare finalmente il segnale della strada 109.
Speck si è perfino rassegnato alla presenza dei tafani, che si fanno portare a spasso saldamente attaccati ai suoi pantaloncini.
Da lì proseguiamo per una buona mezz'ora incontrando un luogo dove il fiumetto forma una specie di stagno, e ci arrampichiamo ancora. In una stradina secondaria troviamo il teschio di una creatura non meglio identificata che fa molto far west. Comunque, alla fine la cascata non la troviamo, o meglio, troviamo il punto in cui in primavera probabilmente c'è la cascata, ma dove all'inizio di agosto c'è solo roccia.
E' ora di tornare indietro e di mangiare qualcosa in una tranquillissima area da picnic. Diamo botte ai tafani, che sembrano non volerci proprio abbandonare. Speck ne prende in mano uno e cerca inutilmente di stritolarlo con le dita. Quello se la fila in volo.
Io che sembravo immune ai loro morsi, quando mi tolgo lo zaino scopro che semplicemente ho la schiena più appetitosa delle gambe.
E poi capisco che è vero quello che diceva Speck, col caldo secco non ti accorgi di sudare e a momenti muori disidratato: infatti mi guardo la maglietta e scopro che è zuppa di sudore, ma io mi sentivo quasi fresca!

Il bosco è bellissimo, ma c'è da dire che nonostante ci sia una gigantesca struttura della guardia forestale all'inizio della strada, nessuno si è preoccupato di indicare chiaramente e rendere agibili i percorsi a piedi. Nella bacheca all'entrata c'è appesa solo una mappa sbiadita della zona dove non è nemmeno indicato il "voi siete qui". Non c'è neanche un cestino per i rifiuti ma ci sono decine di cartelli che vietano l'abbandono e l'accensione di fuochi. E si trovano tracce di fuochi accesi per arrostire le salsicce.
Diciamo che se vi piace un trekking un pò primordiale e non avete paura di perdervi, beh, questa zona fa per voi....