venerdì 22 febbraio 2013

L' IMUrtacci vostri

E' arrivata. La temutissima lettera che promette la restituzione dell'IMU ha incominciato a raggiungere gli italiani come un virus, ed è subito caos. Ieri la radio diceva che le sedi dei sindacati (tra cui, paradossalmente, soprattutto la CGIL) sono state prese d'assalto da centinaia di persone che volevano ritirare gli inesistenti moduli per chiedere la restituzione della tassa sulla prima casa. Sempre ieri, Speck si è recato all'ufficio postale e si è trovato davanti una fila di persone che volevano sapere dai poveri sportellisti come fare per avere il rimborso. E pare che ogni persona chiedesse la medesima cosa, incurante della risposta negativa ricevuta da chi l'aveva preceduta.

Alla luce di tutto ciò, mi rendo conto che non è colpa dei computer, dei videogiochi e della televisione se i ragazzi sono così distaccati dalla realtà, se ci sono bambini che non sanno che il latte lo fanno le mucche e non nasce direttamente imbottigliato nel tetrapack. No, c'è qualcosa di endemico, forse di genetico! Ormai c'è un sacco di gente che non distingue la realtà dalla fantasia, che crede a qualunque  cosa sia raccontata con un minimo di convinzione.

Adesso scusate, ma devo andare a vendere il Duomo...

lunedì 18 febbraio 2013

In campagna elettorale...

Stasera io e Speck dopo esser stati in una pizzeria nei dintorni di casa camminavamo verso la nostra vietta milanese. Ad un certo punto siamo passati davanti ad un'enoteca fuori dalla quale stazionavano dei tipi un pò alternativi pressapoco della mia età che sorseggiavano birra. Non so se abbiano notato il nostro look da "giovani avanguardisti" (eskimo tedesco e giacca militare francese) o se semplicemente gli abbiamo fatto simpatia, fatto sta che uno di questi tipi si è affiancato a noi canticchiacchiando "VOTA SEL, VOTA SEL, VOTA SEL..."

sabato 16 febbraio 2013

Chi salverà la Grecia?

Ho sempre pensato che l'idea di una moneta comune fosse buona, che l'Europa facesse bene a cercare l'unità economica e (magari!) politica. Quando mio padre parlava male della comunità europea la difendevo, pensando che l'unione fa la forza. Oggi però non riesco più a dargli torto: ho letto l'inserto del Corriere della Sera che in data odierna riporta le foto di un'Atene spettrale che somiglia (proiettili a parte) alla periferia di Sarajevo. Gente che dorme per strada, magra, persone anziane abbandonate su mucchi di rifiuti. Solo pochi anni fa giravo per Atene e la vedevo viva, piena di cultura, ricca del suo passato e del suo presente, con un futuro che non potevo immaginare sarebbe stato questo.
Amo la Grecia, ci ha dato la cultura, la filosofia, l'arte. Senza la Grecia saremmo ancora dei brubru che si vestono di pelli, non si lavano e mangiano radici. La comunità europea ha messo in ginocchio la Grecia per scarnificarla e comprare per quattro soldi le sue ricchezze. E noi, che stiamo per votare, non sappiamo nulla di questo, non ci viene detto che le stesse politiche che sono state applicate all'economia greca rischiano di portarci nella stessa situazione, perchè a nessuno degli altri paesi frega niente di quelli che restano indietro. E allora, a cosa serve restare in Europa? Cosa ce ne facciamo dell'euro? Meglio tornare alla dracma e alla lira e far pagare care, molto care le ferie agli altri europei. E non solo le ferie, anche i pomodori, le arance, il vino buono...vediamo come se la cavano senza i greci, gli italiani, i portoghesi e gli spagnoli, vediamo cosa sono capaci di fare gli inglesi, che l'Europa la stanno solo sfruttando senza far nulla per la comunità, i tedeschi, i francesi, gli olandesi...
Sono disgustata da questa Europa, arrabbiata e delusa.


venerdì 15 febbraio 2013

The dark side of Frittella (ovvero, è ufficiale, Branko ha toppato!)

Ricapitolando: da dicembre ho avuto tre influenze, un mal di denti e una nevralgia. Speravo che fosse finita, invece...
Ieri stavo andando a una di quelle "spassose" riunioni di cooperativa chiamate equipe, in cui un gruppo di assistenti alla comunicazione deve confessarsi con la propria coordinatrice o con una neuropsichiatra la quale non sa assolutamente nulla del lavoro dell'assistente stessa e alla fine non sa dare risposte alle ragazze ma spera che parlando tra di loro trovino la soluzione ai loro problemi.
Ero uscita in leggero ritardo ma ero certa di arrivare puntuale, così camminavo velocemente ma senza eccessiva fretta.
Sono arrivata fino alla scala che porta all'entrata della stazione del metrò. Poi, non so cosa sia successo ma mi sono trovata con la faccia stampata sul corrimano di ferro della scala. Un ragazzo mi ha soccorsa e rimessa in piedi. Sentivo un gran male alla faccia ma ero cosciente. Sono entrata comunque in stazione e pensavo di mantenere l'impegno. Ho chiamato Speck e gli ho detto cos'era successo e lui mi ha detto di tornare a casa. Improvvisamente mi sono resa conto che stavo facendo una vaccata e sono tornata indietro. Quando sono arrivata mi ha richiamato e intimato di farmi portare all'ospedale dai miei genitori. Non volevo, perchè a quel punto ero spaventata dalla botta e anche se ero cosciente avevo paura di essermi fatta male.
Per farla breve, sono andata al pronto soccorso dove mi han fatto una tac dalla quale risulta che comunque sono tutta intera, anche se è meglio che mi riposi per qualche giorno.
Ieri ho postato su facebook l'incontro di Rocky Marciano contro Mohamed Alì per sottolineare l'evento, oggi se mi guardo allo specchio vedo un panda con un solo occhio scuro e riesco perfino ad apprezzare la nuance di viola.

Apparentemente (e spero che sia confermato) non è successo niente di grave, ma questa sequela di sfighe mi sta veramente demoralizzando. Branko diceva che dal 2 febbraio avrei fatto faville, ma adesso comincio ad avere qualcosa più di un dubbio sulla veridicità delle sue previsioni.

sabato 9 febbraio 2013

Quando muore un amore

Questa mattina sono andata, ob torto collo, ad una formazione sulla sicurezza. Non ci volevo andare perchè mi sembra tempo sprecato, perchè è sabato, e perchè è obbligatoria. Io odio le cose obbligatorie. Se non mi avessero detto che era obbligatoria l'avrei fatta ma senza questa rabbia che mi è montata dentro e mi ha fatto pure male allo stomaco. Quattro ore di vita buttate nel cesso. La cosa peggiore è che la risacca di questa rabbia ha scatenato un improvviso rigetto per il mio lavoro. Ero lì, stravaccata sulla sedia che osservavo con odio il "povero" formatore e pensavo che non ne posso più di questo lavoro, che ne ho piene le palle di tutte le cazzate di questi lavori sociali pagati noccioline che hanno un corollario di inutili "equipe", "supervisioni", "formazioni". Ne ho piene le balle delle coordinatrici che non sanno un cazzo di sordi e di assistenza alla comunicazione e di essere sempre accomunata con gli educatori, perchè io non sono un'educatrice, sono una cazzo di esperta in sordità. E sono nauseata di sentirmi dire cazzate su come proteggere sempre gli altri ed essere comprensiva con gli altri, quando io non vengo mai protetta e a me brava non lo dice mai nessuno nonostante lo sia e tanto. Siamo carne da macello, e io sono stufa, voglio avere delle opportunità, voglio essere soddisfatta, voglio essere tenuta in considerazione e non asfissiata con le cazzate.
Tutto questo andazzo mi avvelena e ha ormai reso un lavoro che amavo tanto, per il quale mi sono preparata e ho faticato, uno stagno maleodorante. E' forse giunto il momento di lasciare perdere, tutto quanto.

lunedì 4 febbraio 2013

Tu vò fa l'amerigano

A volte l'industria cinematografica americana chiama registi europei a dirigere qualche filmone con grandi protagonisti; altre volte è il regista europeo ad avere un sogno da realizzare negli Stati Uniti, lavorare insieme a qualche attore famoso o a qualche amico regista. Paolo Sorrentino, il mio regista italiano vivente preferito, aveva un sogno. Così è andato via dall'Italia: prima tappa Dublino, dove vive Cheyenne, un ex rockstar che ha interrotto la carriera a causa del suicidio vent'anni prima di due giovanissimi fans. Cheyenne vive imbalsamato nella pettinatura e nel trucco di scena (un'evidente citazione di Robert Smith dei Cure), trascina un corpo reso fragile da droghe e alcol, e parla come Forrest Gump. Attorno a lui si muovono personaggi come Jane, la moglie pompiere  (Frances McDormand), salutista e atletica, Mary, una ragazzina con cui lui legge i giornali nella caffetteria di un centro commerciale, Jeffrey, un amico che parla unicamente delle sue conquiste sessuali. La sua vita è statica e dominata dal senso di colpa.
La svolta arriva con la morte del padre (un reduce dei campi di concentramento), che lo costringe a partire per gli Stati Uniti. Non si vedevano da trent'anni, non si capivano e forse non si amavano. Il padre era aveva passato tutta la vita a cercare l'ufficiale nazista che lo aveva umiliato nei campi, aveva fatto indagini e annotato ogni indizio utile a trovarlo in un quaderno. Cheyenne decide di compiere l'impresa che non è riuscita al genitore, e parte, guidato dagli appunti del genitore. 
Le immagini sono splendide, alcune scene si sposano in modo perfetto con la musica, Sean Penn è bravissimo. Eppure non sono convinta. Prima di tutto perchè il regista sembra, nonostante la sua intelligenza ed esperienza, incapace di evitare alcune banalità viste e riviste in molti film: ad esempio la scena nel supermercato ricalca per atmosfera decine di altre simili, con la musica da ascensore, l'ambiente inquietante e neutro, le centinaia di scatole di prodotti tutte uguali; e poi, l'incontro con la cameriera di fast food che cresce da sola un figlio e invita Cheyenne a cena, finendoci quasi a letto (sì, almeno questo ce lo ha risparmiato!). E anche se la scena del concerto di David Byrne è girata benissimo, un videoclip all'interno del film, tutta la sequenza non ha un vero motivo nella narrazione; il dialogo tra Byrne e Cheyenne che dovrebbe essere rivelatore in realtà non rivela nulla, dà solo l'occasione al musicista di comparire in un cameo.

Ma non è tutto. La scelta di un protagonista ebreo americano che vive in Irlanda sembra aver generato un personaggio simpatico ma non abbastanza "sentito", perfino un pò statico. Non voglio dire che Cheyenne avrebbe dovuto essere di Posillipo o Napoli, ma se lo paragoniamo a Titta di Gerolamo ("Le conseguenze dell'amore") o ad Antonio Pisapia ("L'uomo in più") percepiamo una mancanza, come se il personaggio non fosse del tutto a fuoco. La cultura di provenienza è fondamentale, qualcosa che anche a volerlo è praticamente impossibile scollarsi di dosso. Perfino i fratelli Cohen anche quando non sembrano attingere ai temi classici della loro comunità mantengono quello sguardo comico e tragico tipico della cultura ebraica.
Se facciamo il paragone con "Simon Koniansky"un brillantissimo film di Micha Wald che muove pressapoco dagli stessi presupposti (un uomo in conflitto col padre ex deportato, che alla morte di quest'ultimo intraprende un viaggio per esaudire il suo ultimo desiderio) è ancora più evidente l'incompiutezza del lavoro di Sorrentino: mentre Wald fa scoprire e comprendere al giovane Simon il padre attraverso un viaggio tragicomico in cui il ricordo delle deportazioni è vivo e straziante anche se sempre in bilico con un'amara risata, Cheyenne insegue un Colonnello Kurtz decrepito e cieco la cui massima colpa agli occhi del padre di Cheyenne era quella di averlo spaventato al tal punto che l'uomo s'era fatto la pipì addosso. Non è divertente. E Cheyenne non cambia, non cresce, lascia l'America identico a come era al suo arrivo.
Paolo Sorrentino sembra essersi lasciato assorbire dal lato estetico (in qualche modo giovanilistico) della missione, dimenticando o sottovalutando le radici culturali profonde del suo protagonista, che infatti è sospeso, sia nella sua scelta di rimanere adolescente che in quella di diventare adulto in un limbo non compiuto.




domenica 3 febbraio 2013

Branko ha mentito?

In un post di qualche settimana fa vi dicevo che Branko aveva previsto per il mio segno zodiacale un febbraio fantastico. Ho atteso la fine di gennaio come si attende il Natale. Tutti i giorni mi dicevo "tra poco è finita". E venerdì scorso è arrivato febbraio. Però non mi sembra sia cambiato granchè.
Tanto per cominciare mi è tornata la febbre, accompagnata dalla tosse. Io non ho MAI la tosse, e questa cosa mi fa preoccupare, potrebbe essere una bronchite...
Ma non è tutto...Due giorni fa dovevo ricaricare la tessera dei mezzi pubblici e come sempre sono andata alla macchinetta in metropolitana. Tutto fila liscio fino a quando chiedo la ricevuta della ricarica, che non arriva. Lo segnalo all'operatore ATM, che dice che lo dirà a chi di dovere. Poi cerco di entrare dai tornelli e scopro che anche se i miei 30 euro sono stati trattenuti dalla macchinetta, non mi ha ricaricato l'abbonamento. Torno dall'operatore ATM, quale mi dà un modulo di reclamo. Alla mia obiezione "Tutto qui?" risponde: "E io che ci posso fare?". Gli rispondo: "Non lo so, non lavoro io per l'ATM".
Insomma, è iniziato il mese della riscossa, ma per ora non si vede...