sabato 16 novembre 2013

Bulliamoci un pò

Chiedo perdono per questo post, ma quando capita bisogna approfittarne e pubblicizzare i propri successi. La scorsa estate è stato pubblicato un metodo per insegnare l'italiano a persone sorde al quale ho collaborato in certa misura. So bene che si tratta di una nicchia, tuttavia è una piccola soddisfazione vedere pubblicata la recensione del libro sul sito del Corriere della Sera nel blog dedicato alla disabilità. Se siete curiosi, l'articolo lo trovate qui.
Che poi questo mi porti palanche e gloria...è tutto da vedere.


La vendetta della fonetica

Tanti anni fa, finite le scuole superiori ed un triennio di specializzazione, in attesa di trovare un lavoro (cosa allora meno difficile di oggi) nostro padre ci iscrisse ad un corso d'inglese. Io e Ciambella ci prendemmo gusto e restammo allieve della scuola per parecchi anni. Nelle varie classi m'imbattevo spesso in allievi che tenevano moltissimo ad acquisire una perfetta pronuncia della lingua, incuranti però delle altre componenti della lingua, col risultato che pronunciavano meravigliosamente strafalcioni grammaticali senza precedenti. Da qui forse parte la mia avversione per la fonetica, che trovavo fuorviante rispetto alla lingua, rappresentata per me soprattutto da quella scritta (sono tuttora sostenitrice della lettura come metodo supremo per rafforzare la conoscenza di una lingua straniera). Ma c'era anche qualcosa d'altro. Cos'erano quelle mosche schiacciate che mi venivano presentate vicino ad una parola? (Si trattava dell'IPA, l'alfabeto fonetico internazionale, che nulla ha a che fare con l'alfabeto normale), e come facevo a produrre dei suoni leggendole? A distinguere un suono da un altro? Ero talmente incerta e annoiata dagli esercizi di fonetica che decisi di depennarla dai miei impegni linguistici.
Oggi scrivo e leggo in inglese decisamente bene, quasi non sbaglio un esercizio di grammatica, ma ho ancora la pronuncia di un emigrato di Little Italy, anche se migliore di quella di tanti politici nostrani. E quando pensavo che non avrei più avuto a che fare con i suoni dell'inglese mi è piombato addosso un macigno: l'esame di Inglese 1 all'università verte esclusivamente sulla fonetica. Ebbene sì. Ho provato a scartabellare il programma di tutti i docenti, sperando di trovarne uno più incline alla grammatica, ma non c'è stato niente da fare, Inglese 1 è tutto fonetica. Se non fosse per questo l'avrei già dato e superato con un ottimo voto: completamenti, giri di frasi, phrasal verbs non sono un problema. La fonetica invece è come un mostro galattico che mi sbarra la strada verso il pianeta Inglese 2 (e verso la laurea). Così, con l'aggravante di non poter frequentare, mi sono trovata costretta a comprare un corso di fonetica, e oggi mi pare quasi di capirci qualcosa...La cosa potrebbe anche risolversi in meno tempo del previsto. Certo, quando mi trovo a cercare di distinguere tra cat e cut, e a ripetere più volte frasi come Listen to the music per capire come si dice la "u" mi sento un pò Eliza Dolittle...

venerdì 1 novembre 2013

Nothing sweet about me

Qualche giorno fa sul metrò sbirciavo come al solito i libri dei viaggiatori. Due ragazze di circa 25 anni sedute davanti a me erano concentrate una su "Cinquanta sfumature di grigio" e l'altra nella lettura di un romanzetto rosa sulla cui copertina svolazzano dolci glassati e scarpe col tacco. La quarta della stessa copertina riportava una presentazione che suonava più o meno così:

"Problemi di cuore? Le amiche prescrivono shopping in compagnia, pasticcini e chiacchiere senza fine..."

Una frase banale, apparentemente innocua, che però mi ha decisamente infastidita.
Mi sono immaginata a suggerire ad una mia amica in crisi col fidanzato o innamorata senza speranza di comprarsi un paio di scarpe nuove, o di offrirle come unico conforto un gabaret di paste alla crema e gli ultimi pettegolezzi sulla vicina di casa. Probabilmente l'amica s'incazzerebbe, e forse mi darebbe anche un pugno sul naso.
La banalizzazione del mondo interiore femminile va avanti da sempre: secondo lo stereotipo caro a televisione ed editoria di basso livello (per non parlare di certi politici) le donne sono piagnone, chiacchierone, pettegole, perfettine, badano alle apparenze, profondono il loro massimo impegno della scelta e nell'acquisto di abiti ecc. ecc. Il cliché -pur completamente scollato dalla realtà- è comodo sia per coprire le proprie mancanze, sia per mantenere rapporti di forza tra i generi che vanno avanti da millenni, sia per continuare a vendere spazzatura letteraria. Anche uomini intelligenti e acculturati indulgono in battute ormai stantie sul genere femminile, dimostrando quanto a fondo penetrano i pregiudizi e le false immagini. Ridurre a una macchietta, una barzelletta l'universo delle donne lo rende manipolabile e permette agli spaventati uomini di marchiarlo come senza importanza, tranquillizzandoli, perchè se è qualcosa di risibile, non ci si dovranno confrontare direttamente. Eppure, già nel 1800 Jane Austen seppe dare voce al suo genere con una penna allora rivoluzionaria e oggi ancora attuale. Partendo da quel mondo limitante per le aspirazioni delle donne creò eroine intelligenti e caparbie, con una ricchezza interiore che gli uomini del periodo facevano fatica a riconoscere loro (in passato le donne non erano considerate esseri inferiori solo in virtù della minore forza fisica, si riteneva che avessero ridotte capacità intellettive!) e che contestavano la società, silenziose e tenaci, e alla fine vincevano. Elizabeth, la protagonista di "Orgoglio e pregiudizio" pur in una posizione sociale svantaggiata non rifiuta solo l'offerta di matrimonio di un cugino che trova insopportabile, ma anche quella del ricco e piacente -ma sgradevole- Mr Darcy. Emma si confronta su un piano dialettico pari a quello del suo amico e poi fidanzato, commettendo anche degli errori, ma facendo sempre di testa sua. Mi sembra che abbiamo ancora molto da imparare da personaggi come questi.
Se potessi dare un consiglio alle ragazze e le donne tentate dai romanzi con le copertine in colori da cake design è di riscoprire quest'autrice che rappresenta l'universo femminile con ricchezza di sfumature, onestà nel riconoscere i difetti e grande intelligenza. E questo vale anche per i ragazzi.