venerdì 10 ottobre 2014

Sostegno per caso

Per il quarto anno consecutivo seguo un adolescente sordo in qualità di assistente alla comunicazione. E per il quarto anno consecutivo le lezioni iniziano con una diversa insegnante di sostegno. A guardarla da fuori è una situazione che ha dei lati innegabilmente comici. La prima docente non tornò sul sostegno per un grave problema personale. Peccato, aveva undici anni di esperienza coi disabili e anche se di sordi non sapeva granché, fu estremamente efficace. La seconda, nominata alla fine di novembre dopo una giostra di persone annunciate, apparse per qualche giorno e poi sparite o mai presentatesi, era una dilettante allo sbaraglio, piena però di buon cuore e buona volontà, capace di empatia e di sacrificio (fin troppo). Lavora tuttora sul sostegno, ma non col mio allievo. Lo scorso anno finalmente è arrivata una docente con abilitazione, tutti i titoli, e perfino (udite udite) con esperienza sul campo. Anche lei non era preparata in tema di sordità, ma almeno giocava sullo stesso campo. Peccato che abbia deciso di rimanere incinta, così -forse- rientrerà a marzo. Ma forse no. Ed eccoci giunti al presente anno scolastico: dopo quasi un mese dall'inizio è arrivata la supplente del sostegno, è una giovane (anche se non giovanissima) insegnante di chimica e come molti suoi colleghi ha chiesto di passare sul sostegno per contingenze alimentari. Ieri, mentre in un'aula vuota le spiegavo, ingobbita, con le occhiaie profonde e una sensazione di stanchezza e di deja vù, in cosa consiste "il caso" (come vengono identificati i disabili dagli operatori), mentre guardavo il suo viso inespressivo su cui lineamenti fini emergeva il panico e mi ascoltavo mescolare conoscenze generali sui sordi e particolarità del ragazzo e dipingere un quadro che mi rendo conto possa creare terrore in un novellino, mentre rispondevo senza neanche più scandalizzarmi alla sua domanda: "Ma non sarebbe stato meglio in una scuola speciale?" (per la cronaca la risposta è: "Lo Stato ha chiuso quelle scuole e stabilito che i disabili devono essere integrati nelle scuole normali"), mi è venuto in mente il titolo di questo post. Perchè troppo spesso si finisce a fare sostegno per entrare nella scuola e sopravvivere in attesa di passare di ruolo, e si vede. Si vede di tutto, dagli insegnanti di sostegno con disturbi relazionali che vanno affiancati da un collega in consiglio di classe, a quelli che prendono il loro compito per una vetrina per dimostrare i loro poteri di redenzione della disabilità, a coloro che ne fanno una questione di potere e basta, agli absolute beginners che non sanno perchè ci sono capitati in questo mondo e ti guardano, come è capitato a me, smarriti. Come smarrito è il mio studente, che si trova a ricominciare tutto daccapo per la quarta volta. Penso che sia terribile studiare per fare qualcosa e poi trovarsi catapultati in un tutt'altro per cui non siamo preparati e magari neanche portati; è vero, moltissimi fanno un lavoro diverso da quello per il quale hanno studiato (anche io), ma timbrare fatture anziché recitare non è lo stesso che trovarsi ad essere responsabili di un altro essere umano, per di più in una condizione di fragilità. E' snervante e ingiusto non solo nei confronti del lavoratore ma anche e soprattutto dei disabili, che  nel souk delle nomine scolastiche finiscono per perdere totalmente la centralità di cui invece dovrebbero godere, subiscono lo stesso stress di chi li dovrebbe sostenere e dipendono dalla fortuna per trovarsi affiancati da un docente competente o almeno dotato di equilibrio e buona volontà. Succede anche agli studenti cosiddetti normodotati, tuttavia loro sono comunque in una posizione di vantaggio, perché hanno più mezzi per recuperare i danni di un "cattivo maestro". Un disabile ne ha meno, e se a un pessimo professore curricolare si aggiunge un sostegno altrettanto pessimo o incapace o impreparato o svogliato, il disabile è fottuto: passerà tutto il ciclo scolastico a fare compitini facili facili, nessuna sfida, nessun obiettivo, nessuna caduta e nessuna resurrezione. E le conseguenze sulla sua vita di cittadino saranno devastanti.
In un mondo dominato dalla legge della domanda e dell'offerta accade che a fronte di un'enorme richiesta di sostegni non ci siano vantaggi per chi sceglie di specializzarsi in questo tipo d'insegnamento e la conseguenza è la situazione attuale. La mancanza di considerazione per gli allievi disabili che hanno dimostrato i governi che si sono succeduti negli ultimi (almeno) vent'anni, si appoggia, giustifica e sfanga le responsabilità nell'idea che sta al fondo di ogni cervello italiano: chi si occupa di disabili c'ha la vocazione. Non deve essere professionale, basta che sia buono e si prenda a cuore il povero disabile. Quest'idea assurda deve essere estirpata dalla nostra cultura, perché tutti i docenti si affezionano ai loro allievi (alcuni almeno), ma il loro lavoro deve essere prima di tutto fatto bene. Altrimenti non se ne esce.                                                                                                                 Non ho ancora letto il documento "La buona scuola" che il governo si appresta a proporre, discutere e votare, mi riprometto di farlo e spero di trovarci qualche misura che ridia dignità al sostegno scolastico. Non ci spero troppo, però.