L'amica ribatteva che l'oggetto vintage avrebbe fatto un'ottima figura in una vetrinetta decorativa, ma era del tutto inutile per cucinare. Non sono proprio riuscita a darle torto.
Due settimane fa ho sentito un borbottìo provenire dalla cucina: Speck stava cercando di rianimare il povero elettrodomestico, inutilmente. Onore al caduto, finiva un'era e c'era una concreta speranza che un nuovo frullatore, con nuove funzionalità e lame affilate, arrivasse a casa nostra.
Così pensavo. Ma come in un film di Sam Raimi, quando un finale glorioso si profila all'orizzonte e l'eroe (io) ci si sta avviando sorridente, da un muro spunta la mano insanguinata di uno zombie, e in questo caso la mano regge il mefitico frullatore. Novello dottor Frankenstein, Speck è infatti riuscito con ammirevole abilità a ridargli vita, e da quel giorno, inceppandosi e tossicchiando ogni tanto, il malefico aggeggio è tornato in azione (si fa per dire).
Pensavo che non sarei mai riuscita a liberarmi di lui. Poi, una sera, ho sentito nuovamente un borbottìo provenire dalla cucina. Sono corsa a vedere e la scena della tentata resurrezione del frullatore mi si è ripresentata. Speck lo aveva smontato e cercava il guasto. Trovatolo, aggiustatolo, rimontava il tutto, ma a quel punto non funzionava più. La cosa si è ripetuta una decina di volte, con il povero tecnico riparatore sempre più frustrato dalla resistenza alla rianimazione.
Qualche giorno fa sono rientrata dal lavoro e il frullino zombie non c'era più: sconfitto nonostante il suo impegno, Speck lo ha buttato via, ed è un peccato perché, come diceva la mia amica, si poteva sempre tenere come cimelio, oggetto di design da esporre. Ma se una notte dovessi sentire un frullare nell'oscurità...
| Il frullino della palude nera |
