venerdì 30 marzo 2012

I AM EXPERIENCED (I've seen WILCO live 08.03.2012)

Che facce hanno i Wilco?...E quanti sono?”
Non ho un'idea precisa neanche di quello. Mentre mastico un'indescrivibile riso e melanzanepiccanticomel'inferno in un fast food cingalese mi sembra quasi strano di essere stata io ad insistere per andare a questo concerto. I Wilco mi sono sempre piaciuti, sin da quando ascoltai “Summerteeth” inciso su una cassetta audio (giusto per dare l'idea del periodo). Però non siamo proprio intimi.
Normalmente l'aspettativa per l'esibizione di un nostro idolo può essere devastante: l'ansia di arrivare per primi, le code, il desiderio inconscio di farsi notare in mezzo ad una folla adrenalinizzata (il video di “Dancing in the dark”ha dato forma compiuta e giustificazione a questa fantasia inconfessabile), la speranza -mai la certezza- che si tratterà di un evento cardine della nostra esistenza, che ci cambierà la vita, unita al terrore mai esplicitato che si possa invece materializzare un'atroce delusione.
Con l'età e l'esperienza le cose sfumano, è vero, ma non del tutto. I palmi delle mani sudano ancora, ci si guarda attorno nella folla con un vago, indicibile disagio, almeno fino all'inizio del concerto. Da lì in poi di solito va tutto bene.

Questo ovviamente se conoscete a memoria ogni canzone, se vi siete studiati i testi e ascoltati i dischi per settimane in attesa dell'evento.
Se invece avete avuto con il gruppo in questione una specie di relazione a distanza, come se fosse il preferito di vostra sorella e l'aveste sempre ascoltato per brevi periodi, e sì, siete sicuri che vi piaccia, ma non sapreste cantare per intero nemmeno un brano, la cosa è un po' diversa. In questo caso probabilmente vi aggirate sottopalco con un lieve stordimento e la vostra mente è attraversata simultaneamente da diversi pensieri, tipo:
  1. Ho scelto le scarpe sbagliate per venire al concerto;
  2. Bella la scenografia, fatta da decine di paralumi appesi e fissati a terra con tubi di stagno per le condutture idriche. Chissà se si accenderanno...Una scenografia leggera e surreale, suggestiva;
  3. Ugh, quel riso e melanzanepiccanticomel'inferno cingalese sembra aver preso fuoco nel mio stomaco;
  4. Ci sono “vecchi” e giovani in numero sostanzialmente pari nel pubblico...Meno male, significa che i Wilco non sono apprezzati solo da noi dinosauri, ma anche dai pischelli...
  5. La musica in diffusione è Otis Redding?

L'attesa è lunga: entriamo alle 20 aspetteremo un'ora e mezza circa. Mentre si cerca di mantenere il proprio spazio vitale resistendo all'assalto discreto ma deciso di quelli arrivati dopo di noi, un buttafuori si avvicina alle transenne. E' un omone che assomiglia ad un Kabir Bedi (Sandokan!) muscoloso e massicio:
-Stasera è vietato fare foto-dice ad uno in prima fila-Macchinette, telefoni...tutto.
Fa la faccia scura, ma secondo me non ci crede neanche lui. Appena se n'è andato una signora alla mia sinistra estrae una gigantesca Canon con teleobiettivo e assesta uno scatto al palco.

Verso le 20.30 inizia il support act. Una ragazzina alta alta, secca secca, con la faccia nascosta nei capelli spettinati arriva sul palco. E' da sola, non dice il proprio nome, suona il piano e la chitarra elettrica (questa non molto bene). Snocciola canzoni minime con una vocina che mi è familiare, anche se non riesco a darle un nome. Avrà sì e no 18 anni. Per la sua età non è male, ma nel complesso annoia un pubblico in attesa di altro. Avrebbe decisamente bisogno di un batterista. Però l'ammiro per essere arrivata fin qui così giovane. Good Luck, little girl.
Quando (con sollievo generale del pubblico) finisce, aspettiamo ancora. E la mia mente è attraversata simultaneamente da diversi pensieri, del tipo:
1)C'è una civetta fatta di corda appesa al gruppo delle tastiere. Adoro le civette!
2)La giovane coppia alla mia destra non rispetta il mio spazio vitale, continuano ad agitarsi
come se fossero a casa loro. Parlano di un componente del gruppo e lo chiamano per
nome, “Jeff”, come se fosse amico loro. Mi stanno abbastanza sulle palle;
3)La sala si è ormai riempita, alle mie spalle (sono in terza fila) vedo gente dappertutto;
4)Decisamente ho scelto le scarpe sbagliate per venire al concerto;
5)Non ne posso più di Otis Redding.

Arrivano, Arrivano! Finalmente!

Li conto, prima di tutto: sono sei. Dal lato opposto a quello dove mi trovo si piazzano un chitarrista ed un bassista dall'aria mite e country, al centro sta il cantante e dietro di lui il batterista. Davanti a noi si posiziona un chitarrista magro magro che mi ricorda mio cognato se avesse i capelli. Subito dietro di lui, all'altare delle tastiere un biondino inquietante con occhiali da nerd, bandana rossa al collo e baffi biondi. Pettinato alla perfezione. Ora la civetta apre e chiude gli occhi.
La giovane coppia alla mia destra strilla “Jeeeff! Hi Jeeeeff!”: è il cantante, intuisco. Mi stanno sfondando i timpani. Ora li detesto proprio.

Poi veniamo travolti da qualcosa che voler chiamare semplicemente eredità della tradizione del folk elettrico sarebbe ridurre i Wilco ad un decimo di ciò che sono. Una valanga di suoni elettronici, chitarre a cascata, rock, country, progressive...Tutto è insieme, tutto è in uno, ed è bellissimo. Per me che non mi aspetto niente di conosciuto è tutto un fiume di suono, un fluire fantasmagorico. I lampadari s'illuminano e spengono di nuovo, l'elettrico diventa elettronico, impalpabile, a volte perfino futuribile, eppure qui, adesso, talvolta talmente inaspettato da far perfino un po' paura. La civetta fa l'occhiolino al pubblico.
Il sosia di mio cognato è un portento, cambia chitarra ad ogni canzone, a volte usa ne due diverse nello stesso brano, con cambi in corsa. Mi dispiace non riuscire a veder bene dall'altro lato del palco, ma devo dire che ciò che ho davanti è travolgente.
Sottopalco Kabir Bedi sorveglia che non si facciano foto. Guarda a terra con faccia preoccupata, assente. C'è un delirio di suono in perpetua evoluzione alle sue spalle ma sembra non accorgersene. Ha la fortuna di essere qui gratis e a malapena si gira per guardare che succede. C'avrà dei problemi suoi.

Fa un caldo esagerato, mi sa che svengo, prima o poi...

I pochi dischi ascoltati non riescono a dare l'idea del concerto, le canzoni incise sono come immagini piatte che prendono vita tridimensionale, è la differenza tra il guardare una foto e trovarsi a vivere la scena che ha catturato. Dal mare di musica che mi scorre addosso emergono “War on War”, “Ashes of Amrican flag” e poi “Jesus etc.” che Jeff (a proposito, la giovane coppia di fanatici alla mia destra se n'è finalmente andata) chiede al pubblico di cantare, intervenendo lui stesso solo un paio di volte, e poi “Shot in the Arm” (questa sì che la conosco bene), durante la quale l'inquietante tastierista -che fino ad ora era rimasto molto tranquillo- si scatena e soffoca i propri strumenti con un cuscino. E' esaltante, e perfino il gigantesco collega di Kabir Bedi, un energumeno pelato dalle braccia ENORMI, apprezza e chiede al pubblico in prima fila: “Come si chiamava questa?”

E' il termine del concerto ufficiale, e mentre si invocano i bis, qualcuno dietro di noi si sente male. Chiamato da uno spettatore Kabir Bedi salta la transenna, e corre al soccorso del malcapitato. Io intanto galleggio in una nuvoletta d'euforia...
I bis sono lunghissimi, durano come mezzo concerto. I Wilco sono generosi, caldi col pubblico ma non ruffiani.
Durante “Hoodoo Voodoo” uno dei roadies, un ragazzo con i baffi a manubrio, pettinatura e jeans scampanati stile anni 70' si presenta a torso nudo (e che torso!) come co-percussionista e ballerino...Delirio, sembra di essere piombati attraverso un buco temporale nella California psichedelica.

Quando il concerto finisce siamo un po' tutti senza parole, le solite chiacchiere e recensioni da post concerto sembrano un po' fuori luogo, scontate, inutili. Ci guardiamo con facce che dicono “Eh, già...Eh, già...”
Saluto la civetta.
Usciamo, l'aria fresca ci arriva in faccia, una sensazione piacevole dopo la calura dei concerti. E la mia mente è attraversata da molteplici pensieri:
1)Non mi fanno più male i piedi;
  1. Ho digerito il riso alle melanzanepiccanticomel'inferno!
  2. Questa è un'esperienza unica, probabilmente al prossimo concerto dei Wilco conoscerò tutte le canzoni e le canterò insieme al resto del pubblico;
  3. Beh, alla fine non sono neanche svenuta;
  4. Sono quasi felice.



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