giovedì 10 ottobre 2013

Ogni passione lavorativa spenta

Lo scorso anno scolastico è stato devastante. Una serie di circostanze maligne unite alla malafede di certi personaggi mi ha portata ad uno stato di prostrazione psico fisica che i tre mesi estivi hanno solo in parte lenito. Da giugno scorso mi sento una specie di reduce di guerra. Parlo con le mie colleghe e non riesco ad esimermi dall'esprimere la mia rabbia e la mia disillusione per un lavoro che per cinque anni mi ha completamente assorbita, e pensavo sarebbe stato quello definitivo, serio, di cui perfino  i genitori vanno fieri (e per questo sono disposti a dimenticare la fuga dalla banca) e da cui ricavare un magro ma onorevole salario. Invece, da quando ho iniziato, l'unica a mettere in gioco qualcosa sono stata io, non solo nell'illusione che specializzandomi avrei avuto modo di conquistare una posizione migliore, ma anche nella convinzione che quello che stavo facendo era bello e mi appagava. Ora non ci credo più. Ho pochissime ore di lavoro e non faccio nulla per cercarne altre, non mi sento di avere la forza morale o fisica per gestire un altro rapporto uno a uno contornato di docenti, genitori e coordinatori di cooperative, non sono più disponibile a fare ore gratuite (come invece spesso accadeva in passato), non ho semplicemente più voglia. Anzi, ne ho quasi paura. Ho il terrore di gettarmi a capofitto in un'altra occupazione e restarci invischiata, soprattutto emotivamente; non voglio più portarmi il lavoro a casa, non voglio più pensarci quando esco da scuola. Questo mi preoccupa, perchè ho paura d'innsecare una reazione che mi porti a temere d'intraprendere un nuovo lavoro.
Tutta l'accettazione che ho stupidamente mostrato in questi anni dando per scontata la correttezza delle persone mi ribolle dentro ed ho una serie di numeri telefonici che comporrei volentieri per mandare a quel paese chi risponde; ho deciso che cambierò facoltà all'università, e basta studi specifici sulla sordità; ho deciso di cambiare lavoro e sto facendo passi per realizzare questo cambiamento.
Anche se i saggi dicono che niente va perso, mi guardo indietro e vedo montagne di lavoro e di studio che non hanno portato a nulla, zero, niet.
Adesso voglio solo sedermi sul divano e lavorare a maglia.

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