venerdì 30 gennaio 2009

Il Bambino col pigiama a righe




Quando ero bambina giravano una cifra di film sulla seconda guerra mondiale. Mio padre è un appassionato e così devo essermi ripassata decine di volte "Dove osano le aquile", "Sulle ali delle aquile", "Il giorno più lungo", "La battaglia delle Midway", "Da qui all'eternità" eccetera, eccetera, eccetera.
Tutti film che tendevano a celebrare lo sforzo bellico, la guerra in quanto lavoro da ommini, lavoro sporco ma eroico.


In anni più recenti si è cominciata ad esplorare anche la parte più spaventosa di quel conflitto, quella vissuta dalle vittime delle persecuzioni. "Schindler's List", "La vita è bella", "Shoa" sono solo alcuni dei titoli che raccontano l'olocausto, ognuno con un taglio diverso.
Anche "Il bambino col pigiama a righe" rientra in questa categoria.

Si tratta infatti della storia di due bambini, uno tedesco, figlio di un ufficiale nazista direttore di un campo di concentramento, e uno ebreo, che di quel campo è prigioniero. Si incontrano e diventano amici.
Il piccolo tedesco (Bruno) vede la sua famiglia cambiare e capisce a poco a poco, in modo frammentario che qualcosa in quel posto non va. Inizia a farsi domande, dubita di suo padre, riacquista la fiducia. Ma il suo punto fisso è quell'amicizia.

Non posso raccontare di più. Posso solo dirvi che non c'è in questa pellicola alcuna traccia di patetismo, nessun tema musicale strappalacrime e neanche immagini crude (un episodio è particolarmente violento ma non è mostrato neanche un filo di sangue) o fredde e scioccanti. Si può quasi dire che sia stato girato con la stessa semplicità con cui i bambini vivono la loro situazione, senza porre l'accento su gesti eclatanti.
Il regista parte dal terreno della conoscenza comune degli avvenimenti, sa che sono noti le condizioni nei campi di concentramento, non ha bisogno di mostrarcele nuovamente. Perciò quando vediamo il fumo salire da una ciminiera o qualcuno che viene mandato alle docce sappiamo bene cosa sta succedendo.
A pensarci bene si tratta di una storia che si potrebbe ambientare in una qualunque situazione di segregazione, anche a Gaza, per fare un esempio. Infatti la differenza la fanno i piccoli protagonisti, entrambi vittime della stoltezza e della follia degli adulti.

Però non sarà facile, affrontare questo film e non sarà facile scordarlo, vi lascerà (se avrete il coraggio di vederlo) annichiliti.
E' un bel film, ma veramente duro. Decidete voi se potete farcela.






1 commento: