giovedì 26 febbraio 2009

Gemella Fritella: Io e il Parrucchiere


Alle donne piace andare dal parrucchiere: quando si sentono depresse, quando hanno voglia di cambiare per sentirsi nuove, quando hanno voglia di sentirsi coccolate, vanno dal parrucchiere. Ho conosciuto ragazze che ci andavano ogni volta che venivano lasciate e si facevano fare cose turche alla capigliatura; ne ho conosciute altre che da Milano andavano fino a Vicenza dal loro coiffeur di fiducia e ancora altre (colleghe di lavoro) che ogni lunedì mattina si presentavano con un diverso colore di capelli.

A me non piace andare dal parrucchiere. Ci vado una volta o al massimo due l'anno, nello stesso negozio, dove mi vedono tanto di rado che ogni volta è un pò come la prima volta.

Come accade spesso, credo che questa sindrome derivi da un qualche trauma infantile.

Quando ero piccola, mia madre ci portava periodicamente nel negozio di parrucchiera dove ora sta un corniciaio.
Sempre di sabato (mia madre lavorava ai tempi), ovvero la giornata più caotica, in cui tutte le babbione si concentrano per farsi fare la piega. Il negozio era affollato, caldo, pieno di vapore e rumoroso come un'officina di riparazioni auto in piena attività.

Io e Ciambella venivamo parcheggiate su un divanetto a fiori davanti a un tavolino colmo di giornali di pettegolezzi dai titoli eclatanti, che sfogliavamo incuriosite, scoprendo i turpi segreti di gente che vedevamo in televisione: figli illegittimi (erano gli anni 70'), tradimenti, amori gay...Non capivamo tutto quello che leggevamo, ma non osavamo fare domande nel caso nostra madre s'imbarazzasse e ci sgridasse.
Attorno a noi donne di ogni età in attesa di essere servite o imbigodinate sotto un casco pettegolavano, leggevano e c'infastidivano chiedendoci come andavamo a scuola.

Il tempo non passava mai. Anche perchè i tagli di capelli passavano dopo le pieghe delle vecchiarde arrivate dopo di noi. Provavamo a protestare ma non serviva a niente. Volevamo tornare a casa a giocare, a guardare la tv.

Dopo ORE arrivava finalmente il nostro turno: eravamo stremate e quando mia madre osava scegliere il taglio (alla maschietta d'estate, caschetto d'inverno) non avevamo neanche la forza di ribattere. Nel frattempo fuori si era fatto buio. Un'altra ora e la parrucchiera finiva la sua opera: non ricordo se fosse brava o meno, ma a me il caschetto e la maschietta facevano veramente cagare, io volevo i capelli lunghi e le trecce come ogni marmocchia del pianeta.

Era ormai ora di cena quando finalmente ce ne andavamo. Non prima dell'ultimo imbarazzante rito: la mancia per le lavoranti che veniva (e viene, sic!) annunciata dalla padrona urlante: "MANCIA LA SIGNORA!" mettendomi in mortale imbarazzo, ora come allora.

Un'intero pomeriggio era passato in modo assolutamente inutile e io me ne tornavo a casa stanchissima, con la solita micragnosa pettinatura che avrei avuto nello stesso periodo l'anno successivo...
Anni dopo ricordo una molto positiva esperienza da un parrucchiere giapponese a Londra: a metà dell'asciugatura ti viene fatto un massaggino alle spalle di 10 minuti...molto bello.




3 commenti:

  1. Bello questo malinconico amarcord...

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  2. eh, me lo ricordo!!! hai ragione, e' un trauma infantile! e nemmeno a me piacevano i tagli che ci facevano.

    Quando vieni a trovarmi ti porto dal parrucchiere qua! 10 euri per un buon taglio! e non aspetti tanto perche' qui ci sono piu' 3 parrucchieri pro capite!

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