giovedì 21 ottobre 2010

GorbacioF

In undici anni di vita insieme ieri sera è stata la terza volta che Speck ed io siamo andati al cinema. Quasi un avvenimento. Grazie dunque alla coppia che ci ha invitati a vedere "Gorbaciof" insieme a loro.
Toni Servillo è un figo, non so come altro dirlo. Anche fornito di stivaletti col tacco alto, orribili camice di sintetico ed una pettinatura a dir poco imbarazzante mantiene un'aura di grande nobiltà, che se all'inizio può sorprendere, si innesta perfettamente sul personaggio di Gorbaciof, cassiere del carcere di Napoli così nominato per una voglia che ha sulla fronte.
Gorbaciof esegue la sua routine quotidiana d'impiegato, riceve i soldi, li conta, rilascia ricevute. Ed ogni tanto prende "in prestito" qualche banconota che va a giocarsi ai video poker, al bingo, ma soprattutto a carte nel retrobottega di un ristorante cinese.
Le cose gli vanno alla grande, mentre il padrone del locale continua a perdere soldi e così Gorbaciof non può fare a meno di notare il viscido interesse che i suoi compagni di gioco nutrono per la figlia dell'uomo.
Si trova così a difenderla e a rendersi conto di esserne attratto.
Senza parole (nessuno dei due parla la lingua dell'altro) cominciano ad avvicinarsi, si innamorano.
Mi fermo qui per non togliervi alcuna sorpresa, anche se non credo che Stefano Incerti volesse fare un film sorprendente, almeno a livello di trama. Al di là dello splendore di Servillo, della sua camminata che ricorda vagamente Charlie Chaplin della sua mimica facciale incredibile (ah, che sorriso, che sorriso!) la cosa veramente magica è la parsimonia di dialoghi, ed il fatto che il film non abbia effettivamente bisogno di molte parole.
Emergono anche elementi di critica alla società. Se infatti Gorbaciof rubacchia e gioca d'azzardo, chi gli presta denaro a strozzo e lo fa seguire da un inquietante energumeno per ricordargli un debito di gioco sono personaggi insospettabili e -molto apparentemente- apparentemente rispettabilissimi.

Incerti è probabilmente un fan di Paolo Sorrentino, anche se è meno geometrico nella costruzione della scena  di lui (d'altronde, Napoli è imprevedibile, piena di confusione, il contrario della precisione); sembra addirittura ispirarsi a "Le conseguenze dell'amore" per costruire un finale che è forse (purtroppo) il vero punto debole del film. E la citazione da "Pulp fiction" stavolta non fa ridere.
Veramente un bel film, decisamente sopra la media della produzione Italiana, con momenti che non fatico a definire poetici. Sicuramente da vedere...

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