martedì 22 gennaio 2013

Ambulatori del terrore 2

Ieri stavo proprio male, il dolore al dente e la febbre mi hanno omogeneizzata. Non potevo andare al lavoro così. Ho preso coraggio e sono andata dal mio medico. Benchè l'avessi cambiato un anno fa, ancora non ero stata da questo dottore. Purtroppo devo ammettere di non amare i medici generici, il loro grigiume -derivante forse dalla monotonia, dalla frequentazione di gente malata e lagnosa, da una posizione ormai consolidata di impiegato statale- e ultimamente la mancanza di tempo per visitarti decentemente. Al confronto il Guido Tersilli di Sordiana memoria era scrupolosissimo. Il medico che avevo prima aveva un bello studio ed era bravo, purtroppo era lontano da casa mia, e l'unica volta che mi sono fatta visitare da lui ha ricevuto circa dieci telefonate in 14 minuti, tanto che alla fine mi sentivo di star disturbando.
Dunque esco di casa, attraverso velocemente il quartiere ed arrivo allo studio. La porta è aperta, nessuna segretaria ad accoglierti; in una stanzetta sulla destra, lunga e stretta, dai muri giallastri, sono stipate almeno venti persone su panche dal design di circa trent'anni fa. Le visite sono in teoria appena iniziate ma c'è già il pienone. All'inizio ci sono un paio di stranieri e parecchie buie vecchiette. Sarà la luce, sara la disposizione delle panche, ma mi sembra di essere in un quadro scandinavo dell'ottocento oppure sulla scialuppa di Caronte, diretti verso l'Inferno.
Dopo un quarto d'ora che aspetto e nessuno viene chiamato, mi chiedo se la persona che è adesso in ambulatorio ha un problema grave, o se il dottore gli sta facendo il terzo grado, non esce più. Invece, cinque minuti dopo arriva un tizio alto, sui 60 portati male nonostante i capelli ancora scuri, che saluta ricambiato con calore da tutti. Allora capisco, è lui il medico. In ritardo di 30 minuti sull'orario pubblicizzato.
Da lì la fila si fluidifica. Una signora piuttosto chic continua a telefonare, entra ed esce dalla porta dello studio, si siede vicino al calorifero, poi ha troppo caldo e apre la finestra, facendo congelare tutti. Finalmente la persona prima di me entra dal medico e imitando i miei compagni mi metto in posizione in anticamera aspettando il mio turno.
Osservando i muri mi rendo conto che questo studio doveva essere molto stiloso negli anni '80. Infatti, insieme ad infiniti attestati di partecipazione a convegni medici, sui muri sono appesi in cornice tre poster chiaramente di quell'epoca dal titolo "surrealismo cardiocircolatorio": nel primo è rappresentato un cuore umano come se fosse il motore di un'automobile, con l'esterno in metallo riflettente e varie spaccature da cui si vedono le parti anatomiche trasformate in fili elettrici ed elementi meccanici. Il secondo rappresenta circa allo stesso modo un paio di reni ed il terzo un robot femmina ( tipo quello che c'era nella pubblicità di un'automobile negli anni '80, appunto), che però rivela un misto di organico e inorganico sotto la carrozzeria.
Gli somiglia pure un pò....
Finalmente arriva il mio turno, entro: la prima cosa che vedo è il fumo della sigaretta che si sta fumando il medico. Ecco, siamo veramente fermi a trent'anni fa, forse anche quaranta. Personalmente non ho mai trovato il fumo fastidioso e trovo la guerra santa contro i fumatori a volte un pò esasperata, anche se personalmente non ho mai avuto interesse per quest'abitudine. Però un medico non può fumare in studio, è antigenico e lo scredita nei confronti del paziente. Mi vengono alle labbra parole scandalizzate che facciano desistere lo sciagurato da questa abitudine per di più fuori legge, ma non le dico. Lui abbassa la mano che regge la sigaretta dietro il tavolo, come per non essere colto in flagrante. Troppo tardi. Il medico è mollemente adagiato su una poltrona imbottita. Non ha l'aria antipatica, ma neanche da simpaticone. Ha i capelli lunghi, non porta il camice, sembra uno di passaggio. Davanti a lui c'è una scrivania coperta di scatole di medicinali, fogli vari e alla sua destra un computer. Mi siedo, e mentre racconto il mio tranquillo week end di dolore fisico noto un posacenere pieno di cicche. Magari è lì da ieri sera. Riemerge la mano che reggeva la sigaretta, ma essa è scomparsa. L'ha buttata per terra e schiacciata col piede? Gli consegno la mia tessera sanitaria, lui la mette nel computer e mi dà tre giorni di malattia. Mentre fa quest'operazione sento una voce: "Pattuglia 12 chiama Corvo, rispondi Corvo! Pattuglia 12 chiama Corvo, rispondi Corvo!". E' il cellulare del medico, con una suoneria da Ispettore Coliandro. Almeno non risponde, e  dopo un pò la Pattuglia 12 si arrende. Saluto il medico e me ne vado. Non mi sono nemmeno tolta il cappotto, non mi ha visitata, niente. Sono un pò scioccata, ma sto troppo male per pensarci. Appena mi ripiglio cambio medico, lo giuro.

3 commenti: