mercoledì 20 maggio 2009

Gemella Ciambella va al cinema con...”Il Divo”






Vi dico subito che questo film e' una figata...si, non vi trascinero' per lunghi sentieri elucubrativi per poi, a sorpresa, dirvi che e' proprio un film da vedere.

Per chi non conosce la politica italiana del dopoguerra (ossia quasi tutta la nuova disgraziata generazione venuta dopo il 68/70) puo' essere difficile da seguire, e anche io, che ho osservato questi eventi sin da quando ero piccola, a volte mi sono persa, ma non importa, il messaggio arriva “come una pallottola di diamante in fronte”, per citare il colonello Kurz.

Andreotti ha dominato la politica dal dopoguerra fino al disfacimento della ex-Democrazia Cristiana nel periodo di Tangentopoli. Seguirono inchieste e accuse relative alla mafia e alla loggia massonica P2, e anche se di recente non si sente molto parlare di lui, sappiamo tutti che e' ancora potente e lavora sicuramente nell'ombra.

Paolo Sorrentino descrive il periodo precedente a Tangentopoli e fa un quadro completo delle varie malefatte di cui Andreotti e' sospettato (ma ovviamente, non ci saranno mai prove pubbliche), dal delitto Pecorelli, passando per il rapimento di Aldo Moro, fino al delitto di Falcone e il famoso Bacio mafioso con Riina. Il settimo governo Andreotti, negli anni 80 sta' per avere inizio e I fidati del ministro si uniscono a lui...presentati come “le Jene” di Tarantino, l'infame Ratpack e' al completo, viene presentato con geniali scritte di nomi, cognomi, ruoli e soprannomi (l'effetto e' simile a quello delle scritte Ikea all'inizio di “Fight Club”), e ognuno con I propri interessi ben stampati in faccia. Geniale il ritratto di Paolo Cirino Pomicino, noto per le sue feste e le sue ragazze (un Berlusconi ante litteram), dipinto come un gigione, ma anche come uno a cui piace l'azione e che critica Andreotti per il suo immobilismo.

Tra pezzi di vita quotidiana, abitudini e “dure” decisioni da prendere, Sorrentino descrive la personalita' di Andreotti, e ci offre una nuova personale interpretazione: stando al film il problema del politico e' una mancanza di pieta' e comprensione umana. Nessuno riesce ad avvicinarsi al suo cuore, non la moglie o la fida segretaria che lo ha seguito da sempre, egli non prova nessun sentimento di compassione per nessuno, nemmeno per il povero Evangelisti (interpretato da Flavio Bucci) che pur essendo solo un amico di comodo cerca invano amicizia ed affetto.

Giulio Andreotti ha avuto certo una vita incredibile, ne avra' da raccontare a san Pietro quando schiatta, e I suoi diari varranno miliardi quando saranno pubblicati, ma quello che Sorrentino ci suggerisce con la sua interpretazione dei fatti e' che in fondo e' un uomo solo, prigioniero di se' stesso, della solitudine che regna nel suo cuore: ha avuto intorno persone che nonostante I suoi crimini lo hanno amato, ma non e' stato capace di cogliere l'occasione. Ci credo che da una vita soffre di malditesta!!!
La vicenda Moro sembra, secondo il film, aver aperto una breccia nel suo muro di indifferenza per le persone, ma e' forse troppo tardi.
Alla fine Andreotti ci fa quasi pena: il suo obiettivo era alla fine “solamente” tenere l'Italia nella forma che lui ha ritenuto la migliore (certo senza tenere conto del volere degli italiani...), mentre oggi, gente come Berlusconi non ha piu' nemmeno l'onore di fare qualcosa perche' ci crede, per brutale che sia. La generazione politica che ha seguito Andreotti e' quasi peggio, e' solo affamata di denaro, figa e potere.

Dal punto di vista creativo, vorrei citare l'ottimo montaggio di Cristian Travaglioli, le idee grafiche (le gia' citate scritte che compaiono qua e la' nel film chiarendo la situazione), la scelta delle musiche assolutamente geniale, e ovviamente la regia e lo script di Paolo Sorrentino e l'interpretazione immensa di Toni Servillo. Nelle mani di Toni, Andreotti diventa un personaggio grottesco, comicamente crudele, che a suo modo fa ridere.

Non vi dico nient'altro, ci sarebbero mille altre cose da dire, ma vedete questo film e fatevi la vostra idea. Sono contenta che finalmente ci sia una generazione di buoni registi in Italia, non solo I Vanzina.

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