domenica 20 giugno 2010

Un uomo solo


Acclamato da più parti, da qualcuno stroncato, il film diretto dallo stilista Tom Ford è stato uno dei "casi" della scorsa stagione. Incuriosita dall'atmosfera sixties me lo faccio prestare.
Tratto dal romanzo di Christopher Isherwood, narra la storia di un professore universitario omosessuale, che non riesce a superare il lutto per la morte del suo amatissimo compagno e decide di uccidersi: nelle ultime ore prima del momento deciso mette in ordine tutte le sue questioni legali e personali, rivede una vecchia amica (Julienne Moore) da sempre innamorata di lui, si lascia affascinare dai giovani corpi dei propri atletici studenti.

Ho elaborato la seguente teoria: molti si aspettavano qualcosa di disastroso, perciò quando si sono trovati a vedere un film tutto sommato guardabile si sono fatti prendere dall'entusiasmo. Perchè è pur vero che Colin Firth è molto bravo, Julienne Moore affascinante con la sua cofana anni 60' (che invidia), che la storia scorre tra struggimento, malinconia, un pizzico di cinismo e perfino comicità (il tentativo di suicidio, la scena in cui il protagonista seduto sul cesso osserva la vita delle persone "normali"), ma ci sono momenti di faciloneria che danno un pò sui nervi.
Ad esempio, la scena iniziale, quando il protagonista parla di sè, del suo fingere di essere come gli altri in un mondo che sa benissimo non lo accetterebbe in quanto omosessuale: non si sente la profondità di questa distanza col mondo, di questa finzione. Non so se sia solo un problema di scrittura, ma l'ho trovato superficiale, qualcosa che forse era meglio non dire a parole ma mostrare solo con le immagini.
Altro elemento fastidioso è la perfetta stilosità della ricostruzione, delle musiche, dei vestiti, dei trucchi e delle pettinature, fotografati con tale meticolosa arte da dare l'impressione che il film non sia altro che un lungo spot pubblicitario. C'è tutto, dall'immagine di fisici scultorei inquadrati nello sforzo atletico al bianco e nero che ci ricorda Calvin Klein usato per i flashback.
C'è la sensazione che Tom Ford volesse parlare dell'amore omosessuale, che volesse fare di questo film una specie di rivendicazione (non so se sia gay), ma lo fa usando un linguaggio eccessivamente legato al mondo da cui proviene e la patina di perfezione che ricopre tutto rende ogni cosa un pò finta e ci allontana dal vero dramma del protagonista. Probabilmente (la butto lì, non avendo letto il testo di Isherwood) Ford ha tentato di includere la totalità del libro senza lasciar fuori nulla, mentre qualche taglio e più approfondimento di alcune situazioni avrebbero giovato al risultato finale.
Una prima prova decisamente buona e fortunata comunque, grazie sicuramente al protagonista che regge sulle sue spalle il peso dell'intero film con notevole bravura. Almeno per lui, lodi meritate.

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