mercoledì 7 luglio 2010

Non ora, non qui

Tutte le volte che sono a Berlino vengo colta da un'euforia strabordante: passo i giorni con mia sorella, vado a mostre, concerti, scopro nuovi negozi di abiti e libri usati. Entusiasmo da turista, direi, lo stesso che ti coglie quando sei ad Atene o in Sardegna, o anche solo a Pietra Ligure: per il solo fatto di non essere dove sei di solito, schiacciata dalle solite responsabilità e dai soliti deprimenti paesaggi, ti senti come se ti fossi sparata qualche sostanza psichedelica o avessi semplicemente fatto un pò di iperventilazione di troppo. Quando torni pensi che questo stato d'animo durerà, ma sai benissimo che non è così, ed in un paio di settimane la vacanza sarà archiviata nel cassetto dei ricordi.

Chissà se succederà anche stavolta. Perchè questa volta, a Berlino, ho cercato di capire perchè mi sentissi così bene, perchè facessi tanto largo uso di abiti colorati e originali, considerato il mio look low profile, perchè quando camminavo mi sentivo tanto leggera e senza pensieri.
Le risposte sono affiorate al cosciente e sono queste: prima di tutto sono io, che mi faccio travolgere da un modo di pensare, da un automatismo che prevede il mio personale sacrificio a favore degli altri, il mio essere rinunciataria verso le cose che realmente voglio fare, per tuffarmi a volte in imprese che non mi interessano e mi succhiano energia. Governata poi come sono da un suicida senso della buona educazione non riesco a mandare affanculo le persone anche quando se lo meritano e di conseguenza prendo anche le cose molto sul serio, troppo sul serio.
Finisce comunque che sia io a farmi influenzare dagli altri e questo in ogni campo della vita è male.
Ho poi la presunzione di riuscire a risolvere tutto! Non c'è problema sul quale non mi spenda in continuo rimuginare nel tentativo di porvi soluzione. Questo è molto poco rispettoso nei confronti dei nostri limiti umani. A volte è bello e quasi gratificante dire "qui non ci arrivo, questo non riesco proprio a farlo". Non per pigrizia, ma perchè si capisce un limite e che quel compito a volte non è nemmeno nostra responsabilità. E' un processo che sembra facile, ma in questa società che tende a renderci tutti colpevoli di ciò che facciamo o non facciamo, sempre in debito, non lo è. Anche dire di no è una conquista.
Infine c'è l'ambiente...Purtroppo è innegabile l'influenza delle cose e delle persone che ci circondano e gli italiani sono veramente messi male.
Non stiamo parlando di politica, o meglio, non solo di politica. Ad esempio, a Berlino mi sento molto più libera di vestirmi come mi pare perchè nessuno lo noterà, anche se esco di casa in bikini, o con dei vecchi pantaloni militari e sandaloni. Provate a farlo a Milano.
La cultura è patrimonio di tutti laggiù e i prezzi molto più bassi permettono anche ai giovani di produrre musica, teatro, pittura. Berlino è piena di librerie di usato, negozi di vestiti usati, mercati delle pulci. Si trova il bello del vecchio e non c'è necessità d'inseguire senza intelligenza un fatuo sentimento di modernità soprattutto nei consumi.
Il nostro modo di vestire, di mangiare, di lavorare, di sognare, dice che gli italiani sono avviliti e umiliati: non ci aspettiamo più niente, speriamo solo di sopravvivere a questa nuova crisi, ai nuovi tagli, al caldo dell'estate, alla sfuriata del capo e via così.
Chiniamo la testa ad ogni colpo sperando che sia l'ultimo, che se saremo miti abbastanza alla fine tutto magicamente si risolverà. Penso che sia qualcosa di insito nell'anima degli italiani, un senso di inutile sopportazione, di soglia del dolore altissima.
C'è voluta una dittatura, una guerra mondiale e 15 anni di ricostruzione, prima che qualcuno decidesse di alzare la testa e cominciare a chiedere una vita più degna, e siamo ancora qui a parlarne come di un fatto incredibile, epocale, forse irripetibile.
Possiamo dare tutta la colpa ai politici ma attenzione, quello che stanno facendo in Italia hanno tentato e sempre tenteranno di farlo ovunque. Dipende da come reagiamo a questi tentativi.
Se vado all'estero non mi sento mai così oppressa, vedo persone che si danno da fare, che CREANO, che se ne fregano, che se qualcosa non va protestano seriamente e non si imitano a piagnucolare con la portinaia per poi sospirare "Eeeecheccivuolfare, signora mia!".

Più esco dall'Italia e più trovo insopportabile il piagnisteo e l'accidia di questo paese in cui non vedo possibilità di crescita per nessuno. Siamo troppo impegnati a difendere quel poco che ci resta per renderci conto che meritiamo di più e che ne saremmo degni se solo trovassimo la forza di dircelo.
Io non so quanto resisterò ancora.

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