martedì 19 luglio 2011

Sa Sebadas: il lungo viaggio verso le ferie

Lo scorso marzo scorrendo le tariffe dei traghetti per la Sardegna, io e Speck siamo rimasti allibiti: i prezzi rispetto al 2010 erano più che raddoppiati. Esclusa la macchina a noleggio, che Speck giudicava troppo costosa, abbiamo cercato di trovare un passaggio meno oneroso: partendo da Civitavecchia anzichè da Livorno si spendeva quasi come l'anno scorso. Aggiudicato.

Così domenica, consegnata Lena al nonno, ci siamo messi in moto. Dopo circa cinque ore di macchina abbiamo raggiunto la tappa intermedia, Viterbo. Qui avevamo prenotato una stanza ad un prezzo stracciatissimo in un ex convento ristrutturato. L'edificio è enorme, un incrocio tra l'hotel e l'oratorio, con giganteschi corridoi in pietra e lugubri cartelli grigi che indicano il ristorante, le sale convegni etc. per altro progettate dal Sangallo e /o dal Bramante. La nostra cameretta era piccola ma carina (anche se la ristrutturazione con il cubicolo del bagno evidentemente aggiunto in seguito avrebbe fatto gridare vendetta all'architetto di "Vendo casa disperatamente"). L'unico problema era il campanile, che suonava ogni quarto d'ora...OGNI QUARTO D'ORA! Quindi se erano le 5, ogni quindici minuti si sentivano 5 rintocchi, e poi un altro rintocco per ogni quarto d'ora. Da spararsi.
E la cosa va avanti notte e giorno, indistintamente. E' sorprendente che qualcuno abiti nei dintorni di questo posto.

Non proprio riposatissimi, il mattino dopo abbiamo preso la strada per Civitavecchia, che si classifica seconda dopo Latina tra le città più brutte del Lazio nella nostra personale classifica. La ricerca di un parcheggio ha portato via quasi un'ora e quando poi abbiamo trovato uno spazio nella sosta a pagamento, sul parchimetro non era indicata la tariffa, nè era possibile sceglierla.
Più che per turismo però, ci siamo avventurati per la città con l'obiettivo alimentare di sfuggire agli orrendi e costosissimi pasti dei traghetti. Abbiamo trovato un mercato rionale. Da un giovane panettiere rockettaro che aveva appesi i poster dei Ministri e la maglietta di Campovolo di Ligabue abbiamo comprato il pane e dalla salumiera accanto il prosciutto. Al bar le bottigliette d'acqua e nell'ultima bancarella una borsina termica. Operazione riuscita.

Poi, la solita, interminabile attesta al porto: non so se lo sapete ma io odio viaggiare, lo odio con tutto il cuore. Odio le attese, le file, le code, e credo che il traghetto in questo senso sia il mezzo di trasporto peggiore: vorresti essere primo per avere una buona posizione, ma dato che non sai mai che tipo di nave arriverà, potrebbe succedere qualunque cosa. Ieri, dopo aver atteso dalle 11.30 alle 14, ci siamo trovati a parcheggiare nel livello più basso della nave e all'uscita siamo stati gli ultimi ad emergere.
In compenso, almeno trovare la cabina è stato incredibilmente facile, così abbiamo potuto farci una dormita per recuperare la notte precedente e prepararci al resto del viaggio.

E' vero che da Civitavecchia a Golfo Aranci (dove arrivano le navi più economiche) ci vogliono "solo" cinque ore, però quando arrivi devi attraversarti in lungo l'isola per arrivare a Cagliari.
Siamo scesi dal traghetto alle 20, già abbastanza stanchi e affamati.
Ci siamo fermati per uno spuntino in un posto che si chiama "Ciccio Service", un benzinaio con bar come tanti, che però ha il marchio "Ciccio Service" dovunque, dai distributori di benzina alle magliette dei baristi. La cosa m'ha fatto simpatia, e anche la scritta all'entrata "Benvenuti da Ciccio".

Il paesaggio Sardo al tramonto...

Ciccio Service
Quando siamo usciti da Ciccio era ormai l'imbrunire. Il paesaggio era bellissimo e così mi sono lasciata scappare un "Eppure a me piace viaggiare la sera!". Per tale cazzata sarei stata duramente punita nelle 5 ore a venire: strada a due corsie (non una vera autostrada) senza illuminazione; Speck che per concentrarsi non accendeva la radio; indicazioni sbagliate (un classico sardo) che hanno generato il solito litigio sulla direzione da prendere verso mezzanotte; infine, una strada di montagna dalle infinite curve percorsa a notte fonda. Pensavo di essere ormai bloccata in un buco dimensionale nel quale mi sarei trovata a percorrere una strada senza fine dalla quale avrei visto il paesino senza poterlo mai raggiungere. Ma finalmente, all'una di notte eccoci arrivati. A pezzi, esausti, e con un giorno in meno di vacanze. Il tutto alla fine è costato poche decine di euro in meno che se avessimo prenotato la solita nave. Insomma, due fessi. Speriamo di rifarci. Questa è la settimana del Narcao Blues Festival e domani sera c'è la festa delle Sebadas. Tanto per cominciare.

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